Il Grande Gioco

Khan di Kerman.

Nella relazione di Pottinger, tradotta in italiano da Decio Ziliani nel 1819, Pottinger descrive il suo incontro col Khan di Kerman nel suo palazzo:
V’è molta pompa e magnificenza nel palazzo; un gran numero di persone di servizio vi erano vestite bene. La stanza ove trovavasi il principe, era piccola e meno ornata che molti altri appartamenti che viddi dipoi anche nelle case particolari: ma alcune delle sale di parata sono realmente superbe. Il principe è un bell’uomo; ha il colore olivastro, la barba nera e corta: egli aveva per abito un kébah, o tonaca di tela d’Europa semplice, e sopra la testa un berretto nero di pelle di capretto di Bukharia: il kébah somiglia assolutamente all’elkaliq, del quale ho di già parlato, e si porta al di sopra. Il principe è parente del re in tre maniere, essendo suo genero, suo nipote, e figlio di sua moglie. Nel suo particolare passa per un uomo dolce, e come governatore, gode la riputazione d’essere giusto e ragionevole. Forse lo è realmente per un governatore persiano: perchè in questo paese la tirannia e le estorsioni accompagnano tanto comunemente l’autorità, che alcune delle loro gradazioni non sono tenute per cose cattive. Ma vi sono dei fatti che dipingono questo principe assai diversamente sotto questi due aspetti. Gli atti di severità ch’egli esercita, non possono essergli rimproverati, essendo imperiosamente comandati per impedire i delitti, che fanno della provincia di Kerman un oggetto di proverbio in tutta la Persia.

Qualche pagina più avanti Pottinger descrive come vengono puniti i colpevoli di un qualche crimine:
Verso le tre ore dopo mezzodì il principe pronunciò la sentenza contro i prevenuti ch’erano stati convinti. Agli uni si cavarono gli occhi, ad altri si divise la lingua, si tagliarono le orecchie, il naso e le labbra, ed una, o tutte due le mani. Altri furono privati della loro virilità, e si tagliarono loro le dita dello mani e de’ piedi, e tutti furono messi in istrada con un avviso agli abitanti di non soccorrergli, e di non aver alcuna comunicazione con loro.
Io queste sorti d’occasioni, il principe è vestito di giallo: un panno dello stesso colore copre il tappeto sul quale è seduto; il che ha fatto chiamare quest’abito ghézéb-pochak, ossia l’abito della vendetta. Quando il principe è vestilo così, i suoi ministri stessi non hanno il permesso di dirigergli la parola, a meno d’essere interrogati. Seppi in seguito che in tutto il tempo del supplizio di questi miserabili che si mutilavano, il principe era seduto alla stessa finestra dove io lo vidi il giorno che andai al palazzo, e ch’egli diede i suoi ordini senza mostrare il minimo segno di compassione o d’orrore per la scena che si eseguiva innanzi a lui.


Del libro Voyages Dans Le Beloutchistan Et Le Sindhy si trovano alcune edizioni anche su Amazon, sono delle riproduzioni del 1923 del testo originale di Pottinger del 1816, con delle imperfezioni dovute alla scannerizzazione di pagine molto vecchie e un po’ rovinate.
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