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Ma mi piaceva immaginarle, queste Cinque Terre, mi soffermavo a lungo con la fantasia, forse perché non contavo di poterle davvero vedere.
Immaginavo la parete di una collina lambita dal mare e solcata da un sentiero stretto e un po' impervio, fra alberi di ulivi e vigneti, che girava tutto intorno fino a incontrare una per una tutte le cinque terre. Ma cos'erano 'ste "terre"? Forse agglomerati di case con grandi orti dove crescevano buone verdure perché c'era l'odore del mare a farle crescere bene. . .
Queste 'fotografie' mi tennero compagnia per parecchio tempo, poi piano piano non ci pensai più, sbiadirono come fossero usurate dal tempo o dalla malinconia . . .
Passarono quasi 20 anni, quando stavo per troncare la relazione con il mio fidanzato, che egli tentò la sua ultima carta per non perdermi: 'Ho visto una bella casetta in Liguria, se restiamo assieme la compro per noi due. . .'
Abbiamo trascorso quasi tutti i nostri week end in quella casetta, fra Monterosso e Vernazza, in mezzo agli ulivi, dapprima con la moto, poi con un figlio e la voiture.
Su due ruote, anche a pedali per chi ce la fa, non ci sono difficoltà di parcheggio (contenuto nello spazio, ma non nel prezzo), si è indipendenti dagli orari del treno e dalle resse che affollano stazioni e percorsi più battuti.
Quando la 'casetta' era ancora inagibile, causa lavori di ristrutturazione, andavamo a dormire in qualche agriturismo nell'entroterra o presso camere in affitto, per esempio dalla Isabella, una anziana signora nata e vissuta a Monterosso, bizzarra e chiacchierona, che gestiva da sola una grande casa azzurra nel paese vecchio, a cui si accede tuttora attraverso una lunga e ripida rampa di scalini sovrastata dai limoni e dal loro profumo. Ora Isabella non c'è più, ma la casa è affidata al nipote, più taciturno, che continua ad affittare le camere ai turisti, sempre presenti, di tutte le nazionalità: tedeschi, inglesi e americani gremiscono le Cinque Terre continuativamente, anche quando per noi non è stagione.
Fra i residenti, chi riesce a recuperare un po' di spazio si improvvisa albergatore e affitta camere, oppure trasforma una vecchia casa in agriturismo e, pur se la richiesta è molto elevata in qualsiasi periodo dell'anno, l'offerta garantisce un tetto anche a chi non ha prenotato. Eccetto agosto e Pasqua, i periodi di maggior affollamento, allora occorre essere più previdenti e meno avventurieri; anche se si viaggia in camper non è facile trovare un luogo dove campeggiare.
Partendo da Monterosso, attraverso un sentiero abbastanza faticoso, circa un'ora e un quarto, si approda al Santuario di Soviore, uno dei più celebri di tutte le Cinque Terre, con tanto di chiesa, ristorante e alloggi: piccoli loculi, al tempo celle dormitorio per suore. Da qualche anno chiesa, celle e ristorante sono stati ristrutturati, ma purtroppo il complesso ha perso parte del suo fascino. Ora il ristorante sembra un salone per matrimoni, freddo e impersonale tanto da poter appartenere a qualsiasi luogo, il cibo concorre con quello di un fast food, i prezzi sono elevati e le camere restano piccole e tetre celle di clausura. Se però non si è regolarmente sposati, con tanto di rito religioso, niente pernottamento: è concesso solo l'uso del ristorante, perché in questo caso non viene violata la legge sulla privacy, cioè è possibile mangiare in incognito, senza dichiarare lo stato di famiglia mostrando i documenti per garantire la verità.
Ma il panorama è rimasto invariato ed è sempre bellissimo, almeno per questo vale la pena farci un giro, sedersi una manciata di minuti su una panchina sotto le querce del santuario e guardare il mare dall'alto.
Comunque per riempire lo stomaco l'offerta delle Cinque Terre è davvero varia, se non addirittura ridondante, ma la mia politica è quella di cercare i luoghi più occultati e modesti, come per esempio Zita, fra i meandri dell'entroterra, a Lavaggiorosso, un gruppo di case inerpicate sul versante collinare nella valle davanti a Levanto. Zita, la cuoca, ha trasformato la sua casa in ristorante, con tanto di veranda annessa che entra quasi con prepotenza dentro al panorama, tanto da dare l'impressione a chi è lì seduto di farne parte. L'atmosfera e familiare, un po' come essere andati a trovare una anziana zia, la cucina è genuina, fatta di pochi piatti tipici, la qualità è alta e i prezzi decisamente contenuti. Poiché si tratta veramente di un piccolo appartamento di due locali e servizi, è indispensabile prenotare per evitare di arrivare fin lassù, inventarsi un posto dove parcheggiare l'auto (le stradine del borgo consentono a malapena il passaggio dei pedoni) e rimanere anche a stomaco vuoto. L'indicazione per Lavaggiorosso è subito dopo Levanto, sulla starda per Bonassola, niente indirizzo, è semplicemente: Zita a Lavaggiorosso. Non c'è gran turismo qui, i forestieri che arrivano, si sa, vanno da Zita.
Bonassola è un delizioso paesino dalla grande spiaggia lambita da un mare color smeraldo. Si trova subito dopo Levanto, in direzione Deiva; si può raggiungere in auto o con il treno. Arrivati a Bonassola, dopo una serie di curve strette in discesa, la strada finisce; per andare da qualche altra parte bisogna tornare indietro fino a un bivio dove si legge: 'Le Cinque Terre sono 5, ma Bonassola è una sola'.
E in effetti dietro queste parole qualcosa di vero c'è.
Dal paese, seguendo una scala che conduce a una chiesa sconsacrata, ora sede di esposizioni artistiche, si raggiunge un sentiero che si inerpica fra vigneti e pini e d'un tratto si apre su una piattaforma di pochi metri quadrati a picco sul mare, senza recinzioni: si chiama il salto della lepre. C'è sempre molto vento lassù, e si ha l'impressione di guardare la costa direttamente dal cielo. Da Bonassola è una mezz'ora di cammino, facile, alla portata di tutti; coloro che soffrono di vertigini, una volta in alto si facciano coraggio, ma non rinuncino. I bambini vanno tenuti per mano.
Monterosso è la perla più battuta dal turismo, forse perché è la prima o la più piana o perché il treno arriva proprio davanti al mare e le sue spiagge sono le più grandi. Non c'è da meravigliarsi se si materializza improvvisamente un pullman a più piani, completo di guida con microfono e bandierina e circuito TV. A meno che questa apparizione non avvenga in curva, meglio ignorarla.
Le spiagge si estendono dal paese vecchio, dove una piccola baia è spesso in inverno teatro delle mie letture, fino a Fegina, il paese 'nuovo'. L'ultima spiaggia di Fegina, di fianco al circolo velico, è soprannominata anche Il Gigante perché una scultura di cemento armato alta 14 metri si erge sopra uno scoglio. La statua, che raffigura Nettuno, fu costruita nel 1910 e risulta ora un po' ammaccata a causa dei bombardamenti dell'ultima guerra e di una devastante mareggiata degli anni Sessanta che minò la sua stabilità.
L'acqua che bagna tutte le Cinque Terre è trasparente, smeraldina, i fondali sono ricchi di pesce, da guardare con o senza bombole. Punta Mesco, parco naturale, offre davvero meraviglie sottomarine capaci di sorprendere chiunque ancora non conosca la zona.
Durante l'estate si può scegliere di non trascorrere il tempo spalmandosi appiccicose creme solari sulle spiagge affollate e caotiche, ma infilarsi una piccola muta per costeggiare gli scogli con maschera e pinne e fare snorkeling. Un'altra soluzione per non demoralizzarsi sul bagnasciuga gremito da una massa di corpi seminudi è la canoa, per muoversi da una terra all'altra via mare, magari fermandosi ogni tanto per cercare di avvistare al a largo qualche delfino.
Via terra, la parte vecchia di Monterosso si collega a Fegina, attraverso un tunnel e il lungomare, recentemente rinnovati. I turisti che non si riversano sulla spiaggia camminano guardando il mare o si siedono a contemplarlo dalle panchine; qualcuno si inoltra su fino al convento dei Cappuccini che si affaccia sul mare abbracciando visivamente tutte le Cinque Terre. Pochi si inerpicano a piedi fino al cimitero, raggiungibile facilmente in un una decina di minuti attraverso un ripido sentiero dal lungomare o risalendo una mulattiera fra gli orti e i muri a secco, che parte dal paese vecchio davanti alla caserma dei carabinieri. Nell'area del cimitero si ergeva un tempo un castello, ultimato nel XVIII secolo, ne sono rimaste le mura del lato più lungo, ora in rovina. Lì, al cimitero, si respira un'aria autentica, si guarda il panorama, ci si allontana dall'aspetto sempre più commerciale del paese, per riuscire a sedersi su un muretto a contemplare la natura, il silenzio e riflettere sul corso del tempo.
Da Fegina, per chi ha voglia di fare un po' più di fatica, si inerpica un sentiero che in quaranta minuti conduce al rudere di una vecchia abbazia, San'Antonio al Mesco, abbandonata tra i profumi mediterranei di Punta Mesco, che dall'alto offre un panorama piuttosto straordinario. Il percorso prosegue in leggera discesa all'ombra di una fitta pineta che non risparmia però scorci di mare aperto, fino ad arrivare a Levanto, bella cittadina, sede invernale dei surfisti e funzionale punto d'appoggio con supermercati, librerie, negozi di ogni genere, cinema: per chi proprio non riesce a staccare del tutto dalla vita metropolitana. . .
Da Monterosso Vecchia invece parte il sentiero per Vernazza (purtroppo i sentieri di collegamento tra una terra e l'altra sono da diversi anni a pagamento). Si tratta di un percorso abbastanza lungo e vario che si snoda fra orti, ulivi e deliziose casette, spesso in rifacimento, alcune adibite a b&b.
Una bella esperienza è soggiornare, ma soprattutto pernottare, nei b&b dislocati direttamente sui sentieri tra gli ulivi e le ginestre sul versante mare. La notte il silenzio è denso almeno come il buio, rotto soltanto da quei rumori dei piccoli animali, rumori che non siamo più abituati a distinguere, che ricordano l'infanzia, sinestesie. . .
Vernazza è addossata alla collina, vanta un paio di metri quadrati di spiaggia, alcuni scogli e il porticciolo. Particolare la sua struttura architettonica, ricca di porticati e logge e sviluppata in verticale, con le case addossate l'una all'altra e dominate dalle torre cilindrica Belforte.
E' un luogo che a me piace frequentare in inverno quando il mare è mosso, perché le onde si alzano vivaci e ricadono in mezzo alla spianata che è allo stesso livello dell'acqua, dove solitamente la gente passeggia o si siede a guardare l'orizzonte.
Tassativa l'escursione a Madonna di Reggio, attraverso l'antico sentiero utilizzato dai pescatori di Vernazza per i collegamenti con l'entroterra, mulattiera che andò trasformandosi in Via Crucis con il collocamento di variopinte cappellette tutt'oggi presenti. Dopo la ripidissima salita iniziale si arriva rapidamente in quota (300 m di altitudine) tra terrazzamenti a vite ben curati. Il percorso non è troppo battuto e in un'ora si giunge al santuario che risale al XI secolo, circondato da un fresco piazzale dove è d'obbligo sedersi all'ombra di un secolare albero di leccio a guardare il panorama. Si scorgono le barche sul mare, che vanno e vengono là sotto come fossero un'apparizione in un dipinto. Il silenzio in questo luogo è così intenso che si percepisce chiaro il proprio respiro o un alito di vento o il ronzio di un insetto. Di solito si è soli, ma chiunque si abbia occasione di incontrare qui, si muove in punta di piedi. . . e per non rompere l'incantesimo ci si saluta con un sorriso.
Il percorso di collegamento fra Vernazza e Corniglia non è brevissimo, ma neppure particolarmente impegnativo.
Corniglia si può raggiungere in auto, però è difficile trovare un parcheggio a meno che non sia novembre . . . Il treno non arriva in paese, ma di fianco allo Spiaggione, un'ampia spiaggia formata da grossi sassi bianchi un po' scomodi, ma almeno nella stagione estiva non si presta a diventare terreno per sdraio, cabine e ombrelloni. . .
Dalla stazione, per approdare al paese bisogna risalire una scala a tornanti di 377 gradini, perché Corniglia si erge su un promontorio di almeno un centinaio di metri di altitudine. E' questo il suo fascino. Percorrendo la strada asfaltata che lambisce tutta la costa, la si vede d'un tratto dopo una svolta e benché per me non rappresenti un panorama nuovo, rimango sempre abbagliata, quasi fosse ancora una sorpresa.
Nel paese la Chiesa di San Pietro merita una visita: si dice che sia uno degli edifici più belli delle Cinque Terre.
La piazzetta di Corniglia è un luogo dove si fa sempre tappa per mangiare qualcosa o bere, ci sono tavolini, un paio di baretti e numerosi gatti. Ma quello che fa di questo paesino forse il mio preferito è la condivisione fra turisti e locali, deliziosi vecchietti che non si sono rassegnati a cedere il loro territorio a forestieri con lo zaino in spalla.
La domenica mattina sono in piazza con un bicchiere di bianco in una mano e il bastone nell'altra e ci si può sedere al loro fianco a parlare del tempo che fa.
Un'alternativa balneare allo Spiaggione è Guvano, la spiaggia naturista, dove è consentito e largamente praticato il nudismo. Difficoltoso raggiungerla via terra: da Corniglia si cammina fino a una galleria buia, fredda, sporca e a pagamento (euro 5!), oppure si percorre il sentiero che conduce a Vernazza fino a un bivio ben segnalato, lì si scende al mare facendosi largo fra folte e profumate ginestre. La baia richiede almeno una visita anche per i più pudici. Naturalmente non è obbligatorio togliersi fino all'ultimo strato di pelle: qui ognuno si fa gli affari suoi, con o senza mutande. . .
Un'altra meta da non perdere nei pressi di Corniglia è San Bernardino: c'è una panchina da cui si gode un esclusivo posto in prima fila, davanti a uno spettacolo la cui sacralità entra fortemente in competizione con quella del santuario che dà il nome al borgo: adagiarsi su quella panchina e spaziare con lo sguardo fino all'orizzonte mette davvero in contatto con l'Assoluto.
Da Corniglia si arriva Manarola attraverso un sentiero sempre in costa, abbastanza breve e facile, non più di un'ora, che termina direttamente nel centro del paese. Anche per i bambini non è da considerarsi impegnativo. Un breve tunnel affrescato, sempre gremito di gente che va e viene, conduce dalla stazione al centro del paese, arroccato su uno sperone di roccia che emerge direttamente dal mare e che si affaccia con le sue case su un piccolo incantevole porticciolo. La via principale, sotto la quale scorre il torrente Groppo, è colorata dalle barche in secca, parcheggiate lungo tutto il suo corso con invidiabile maestria. Dal porticciolo si può procedere in salita, verso il cimitero, o prendere una panoramica passeggiata sul mare ricavata nella roccia, con muretti e panchine dove fermarsi a riposare o guardare i passanti, turisti di tutti i generi, età e gusti. Più avanti, alcuni gradini accompagnano a due terrazze verdi sovrastanti, dove consumare la colazione al sacco per poi sdraiarsi a fare una pennichella, in tutte le stagioni. O semplicemente guardare il mare dall'alto. Sopra le terrazze ci sono i bagni pubblici e un'area adibita a parco giochi per bambini. A Manarola non c'è spiaggia, ma nella stagione estiva, niente e nessuno impedisce di tuffarsi da uno scoglio e godersi la trasparenza dell'acqua. Consuetudine invernale è il presepe luminoso che nel periodo delle festività natalizie viene acceso all'imbrunire sulla collina che domina Manarola. Ideato e costruito da un abitante con materiali di scarto, è composto da decine di figure che posizionate sulle terrazze dei vigneti offrono uno spettacolo davvero particolare.
Nell'entroterra, a meno di un chilometro in linea retta da Manarola, a circa 300 metri sul livello del mare, si erge fiero il piccolo gioiello di Volastra, meta un po' fuori dai circuiti dei pullman turistici, quelli con la guida che parla al microfono e la televisione. Si tratta di un paese di circa 200 abitanti, dalla pianta circolare, la cui parte più antica non è visibile dal mare.
Volastra si può raggiungere a piedi, in circa un'ora partendo da Manarola, attraverso un'antica mulattiera che passa in mezzo alle coltivazioni di vite e ulivo. Oppure si può approfittare di un servizio di trasporto bus che dalla stazione di Manarola conduce in dieci minuti all'ingresso di questo borgo, dove a dare il benvenuto è un ulivo secolare.
Il paese, che mantiene un forte radicamento alla terra, alle sue vigne e al suo vino, sta rapidamente volgendo al turismo mediante la creazione di strutture ricettive e di mobilità, è infatti in progetto una monorotaia fra i due paesi. Peccato. . .
Nei pressi di Volastra, a Groppo, ha sede la Cooperativa Agricola delle Cinque Terre, pronta per far degustare ed acquistare i pregiati vini della zona, incluso il celebre 'Sciachetrà', ottenuto con uve passite.
Recentemente il Parco Nazionale delle Cinque Terre ha ristrutturato e rimesso in funzione un antico frantoio per la spremitura delle olive.
L'ultima delle cinque Terre è Riomaggiore. Il percorso che arriva qui da Manarola è il più famoso, facile e breve fra tutti quelli che collegano queste pregiate terre direttamente: la Via dell'Amore. Da ormai una decina d'anni è stato pavimentato, praticamente si può affrontare con la massima disinvoltura anche spingendo carrozzine e passeggini completi di bambini.
Un'escursione alternativa è la breve salita al Colle di Cerricò, dove si trovano i ruderi del castello, oppure il bellissimo sentiero che parte dalla piccola spiaggia del paese e taglia verticali pareti rocciose a strapiombo sul mare per raggiungere la Torre Guardiola che sorge sulla punta di Montenero, protesa in mare a sud di Riomaggiore e caratterizzata da un interessante orto botanico.
Il percorso più faticoso è quello che da Riomaggiore conduce al Santuario della Madonna di Montenero: prima si sale lungo la valle del Rio Maior e poi ci si mantiene in costa, lungo antichi terrazzamenti per arrivare stremati al panoramico spalto su cui sorge il santuario.
Dalla strada litoranea delle Cinque Terre si raggiunge il santuario in soli 20 minuti a piedi, ma telefonando al Comune di Riomaggiore ci si può accordare per un'ascesa con i curiosi trenini a rotaia usati dai contadini della zona per muoversi lungo pendii e muretti a secco.
Alcuni percorsi si possono tentare anche in bici, dalle stazioni di Riomaggiore e Manarola è disponibile un servizio noleggio.
Riomaggiore è forse la terra, fra le cinque, che ha mantenuto maggiormente il suo carattere originario, un po' schivo. Sopra il paese corre una strada tranquilla, dove un bar dispone alcuni tavolini per chi ha voglia di fermarsi, anche in inverno nelle giornate più calde, per accorgersi che qui la vita scorre a ritmi meno frenetici . . .
Anche se la matematica non è un'opinione, sul numero delle Cinque Terre è emersa comunque qualche incertezza. . .
C'è chi sostiene infatti che le Terre non siano 5 ma 7: le altre due sarebbero Tramonti di Biassa e Tramonti di Campiglia, ultimi luoghi abitati dell'estremo Levante ligure; dopo, proseguendo verso Portovenere, solo le aspre rocce di ab>Albana (Le Rosse) e del Muzzerone (Le Nere) si alzano verticalmente sul mare, delimitando piccole ed inaccessibili spiagge dal mare cristallino.
Cinque o sette secondo me poco importa, ma Campiglia vale una visita, anzi di più.
Punto di confine tra il Parco nazionale delle Cinque Terre e quello regionale di Portovenere, è il centro di un'importante rete di vie viottoli e mulattiere. Si raggiunge facilmente in auto ed è disponibile un servizio bus da La Spezia. A piedi si arriva attraverso il sentiero n. 1, sia che si provenga da Portovenere, che dalla direzione opposta, cioè Monte Telegrafo, quindi Biassa. In un senso e nell'altro la fatica è d'obbligo, ma la contropartita è gratificante.
Qualcuno osa affrontare i sentieri in mountain bike, allietando coloro che tengono i piedi per terra con acrobazie davvero spettacolari.
Nella piazza della chiesa il sentiero n. 1 si incrocia con numerosi altri meno noti e frequentati, dove è diffusa allo stato selvatico la pianta dello zafferano, tipica di tutto il territorio di Tramonti. I sentieri sul versante mare sono utilizzati dai contadini per raggiungere le coltivazioni di vite e ulivo e risultano indispensabili per i programmi di recupero dei terrazzamenti. Il paese di Campiglia è a 400 metri di altitudine e la sua posizione offre senza sconti una splendida vista su due mari: il Golfo di La Spezia ed il mare aperto delle Cinque Terre.
Quando l'aria è limpida è possibile vedere la Corsica, la Capraia, la Gorgona, l'isola d'Elba e la costa francese.
Sedersi sul muretto in piazza a bere un sorso d'acqua dalla borraccia placa la sete, lenisce la fatica e ritempra lo spirito.
Nel paese offrono ospitalità un antico albergo, un paio di buoni ristoranti e qualche locanda, dove è possibile fare ottime merende, anche all'aperto.
Forse le mie compagne di scuola elementare si sentivano molto snob quando raccontavano a voce alta che avevano una casa fra gli ulivi alle Cinque Terre, ma questa zona mi piace proprio perché qui non si fa la sfilata la sera in centro al paese o sul lungo mare, ma si calzano gli scarponcini e si cammina, si fa fatica e si vince la pigrizia, si contempla la natura fuori e dentro il mare. E si riflette, mentre ci si mette alla prova. Si dimentica un po' la cultura dell'apparire, celata da vigne, mare, ulivi e sudore. . .
mc
SENTIERI
Il sentiero da Monterosso a Riomaggiore è il più famoso e spettacolare, è lungo 15 kilometri e si percorre in circa 5 ore. Tracciato nei secoli da chi lo utilizzava per spostarsi di borgo in borgo, in alcuni punti è una vera e propria mulattiera. Qui sono elencati i cinque segmenti di sentiero e cliccandoli li si può vedere in dettaglio sulla mappa:
- Trek Monterosso-Vernazza (2 ore),
- Trek Vernazza-Corniglia (2 ore),
- Trek Corniglia-Manarola (un'ora),
- Trek Manarola-Riomaggiore (un'ora).
Fra Riomaggiore e Portovenere ci sono una quindicina di kilometri, e si accumulano dislivelli per 900 metri in salita e un pochino meno in discesa. Si possono fare due trek:
- Trek Riomaggiore-Campiglia,
- Trek Campiglia-Portovenere (2 ore).
Il sentiero - Vernazza-Drignana-Soviore è lungo 7 kilometri ed è facile con un totale di salite per 250 metri e di discese per 625 metri. Qui ci sono i due trek che lo compongono:
- Trek da Vernazza a Madonna di Reggio (45 minuti);
- Trek da Madonna di Reggio a Madonna Soviore.
Il sentiero Levanto-Montrerosso è lungo 9 kilometri e mezzo con poco più di 500 metri di dislivello fra salite e discese.
Il sentiero dell'Isola Palmaria si può fare in poco più di mezza giornata percorrendo circa 9 kilometri e mezzo. Ci sono diverse salite e discese che nel loro insieme possono sommare tranquillamente più di un migliaio di metri.
Più a nord abbiamo una bella passeggiata da 5 chilometri che si può percorrere in circa due ore seguendo l'antico collegamento Bonassola-Framura. I dislivelli sono di circa 500 metri in salita e in discesa. Il percorso parte dalla stazione di Bonassola e termina su quella di Framura.