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Il viaggio in Tanzania parte dal Kenya: Nairobi è punto di partenza per molti parchi africani; passiamo il confine a Namanga, dove ci si ferma per le formalità doganali, si prosegue poi per Arusha, altro grande punto di riferimento per i viaggi nei grandi parchi della Tanzania.
Ad Arusha in genere ci si ferma poco, però meriterebbe una sosta più lunga perché si trova ai piedi del monte Meru e dentro al piccolo ma bellissimo Arusha National Park.
Arusha fu un importante riferimento dell'Impero Britannico che nel centro della città edificò un campanile per segnare il punto centrale dell'impero fra Il Cairo e Città del Capo. Arusha è oggi un grande punto di riferimento per i safari, da qui si parte per lo Ngorongoro il Serengeti, il Manyara, il Tarangire e il Kilimangiaro.
Tarangire
Anche noi dopo una breve visita ad Arusha e al suo mercato partiamo verso ovest per il Tarangire, così chiamato per il fiume Tarangire che lo attraversa, lo rende verdeggiante, ricco di boschi, grandi paludi e piane alluvionali; è un'area naturale protetta ricca di acacie ad ombrello (Acacia tortilis), baobab in gran quantità, forse la più grande concentrazione di tutta la Tanzania.
Il parco del Tarangire durante la stagione secca ospita moltissimi animali, predatori e prede, zebre, gnu, alcelafi, kudu minori, dik-dik, gazzelle, bufali, giraffe, elefanti, ghepardi e leoni, nonchè turisti di tutte le razze dotati di macchine fotografiche di tutte le marche.
Manyara
A nord ovest del Tarangire c'è il lago Manyara con in suo parco. Il Lake Manyara National Park è un stretta lingua di terra lunga 50 km che scende nella parte occidentale del lago fino alla Rift Valley.
Si entra nel parco dal villaggio masai Mto Wa Mbu, il paesaggio è tipico della savana, si incontrano giganteschi baobab, boschetti di acacie e foresta. La prima cosa che in genere si va a vedere è la Hippo Pool, la grande pozza formata dal fiume Simba dove si possono ammirare grandi quantità di ippopotami e uccelli. Il parco è attraversato da molti torrenti e a sud ci sono le sorgenti d'acqua calda Maji Moto.
Eyasi
Dal Manyara, proseguendo verso ovest e passando per una difficile pista nei pressi di Mangola, a poca distanza incontriamo il lago Eyasi, uno dei tanti della Great Rift Valley. Sul lago Eyasi vivono ancora gli ultimi boscimani Hadzabe, sono cacciatori raccoglitori e parlano un antico linguaggio a clicks. Lasciato il lago proseguiami per Karatu, piccola cittadina alle pendici dello Ngorongoro e a metà strada fra i due laghi Manyara e Eyasi.
Ngorongoro
La prima vista del cratere dello Ngorongoro è mozzafiato: l'enorme cratere che ci si presenta davanti ha un diametro di ben 16 km; è la più rande caldera del mondo rimasta intatta e non invasa dall'acqua. La caldera è diventata naturalmente un habitat ideale per una gran quantità di animali selvaggi e di turisti fotografi; è anche un ecosistema completo grazie alla pioggia, ai piccoli laghi, dei torrenti e la nebbia notturna (siamo a 2.200 metri d'altezza) che permette la crescita di foreste nei pendii.
Sul bordo dello Ngorongoro c'è un piccolo e panoramico campeggio con un minimo di infrastruttura, un luogo tranquillo e fresco che la sera può diventare freddo e nebbioso, con magari qualche visita dei bufali neri africani.
Al centro della caldera c'è il lago Magadi che ai suoi bordi ospita una delle maggiori colonie di fenicotteri rosa dell'Africa. Nella caldera si trovano mandrie di gnu, di zebre, qualche struzzo e una quantità di animali di grossa taglia stimata intorno ai 25 mila (turisti esclusi). Merita una lunga visita con momenti di pausa e ristoro nelle zone consentite.
Serengeti
A nord ovest dello Ngorongoro troviamo il Serengeti National Park, la grande pianura in swahili, ben 30 mila chilometri quadrati, con immense piane punteggiate da boschetti di acacie ad ombrello; praterie, savane e boschi abitati da 1,5 milioni di erbivori e migliaia di predatori che trovano cibo in gran quantità.
In questo grande parco che si estende in parte anche in Kenya, avvengono annualmente le grandi migrazioni di 1,5 milioni di erbivori che a ottobre si spostano verso sud attraversando il fiume Mara, e ad aprile ritornano a nord.
La grande pianura del Serengeti contiene al suo interno il Serengeti National Park, la riserva di Ngorongoro, la riserva kenyota di Masai Mara, il Maswa Game Reserve, e le aree controllate di Loliondo, Grumeti e Ikorongo.
Natron
Il salino lago Natron non raggiunge i tre metri di profondità e varia molto in ampiezza a seconda del livello di riempimento. E' di
colore rosso per la grande quantità di cianobatteri che lo popolano grazie all'alto livello di sodio che raggiungono le sue acque per la forte
evaporazione. Si incontrano qui grandi quantità di fenicotteri, circa 500 mila, non disturbati dai predatori dalla salinità del lago.
Kilimangiaro
Il Kilimangiaro è un luogo dai grandi panorami; è la più alta montagna di tutta l'Africa e le sue vette principali sono
il Kibo,
il Mawenzi e
Shira.
In mezzo fra Kibo e Mawenzi c'è un altopiano, la più grande tundra d'altura dell'Africa, l'altopiano dello Shira, a
3600 metri, con visita su una grande catena montuosa, una grande brughiera, le senecio giganti e una vista mozzafiato sulla Great Rift Valley.
Il Kilimangiaro è meta di molti trekking che si possono vedere nel sito dedicato.
Quella parte dell'Africa in cui si trova questo Paese rappresenta nell'immaginario il regno degli animali, leoni, elefanti, zebre, giraffe, il mito del Kilimangiaro, le immense pianure bruciate dal sole dell'equatore, le spiagge bianche che si affacciano su un mare azzurro che si confonde col cielo.
La b>Tanzania in effetti non tradisce le aspettative: la sensazione di essere dentro un documentario è continua, lo spettacolo della natura nel susseguirsi di immagini diverse ad ogni attimo ti proietta dentro un caleidoscopio da cui si emerge attoniti.
La nostra avventura inizia
ad Arusha, punto di riferimento, alle falde del Kilimangiaro, sia per chi si muove verso i grandi parchi che per gli intrepidi che affrontano l'ascesa alla montagna che svetta, immensa, meta di alpinisti provenienti da ogni dove.
A noi non è dato salirci: troppo impegnativa la salita, dai 1700 metri di partenza si arriva ai quasi 6000 della cima, l'allenamento da turisti di Avventure nel Mondo e la carenza di tempo a disposizione sono ostacoli insormontabili per il raggiungimento della vetta.
In questi casi le agenzie locali propongono escursioni di un giorno con un dislivello minimo, ma il costo elevatissimo - ogni giorno all'interno del parco costa 70 $ - induce a limitare il Kilimangiaro ad una visione dai suoi piedi, naso all'insù a cercare di carpirne un'immagine fugace in mezzo alle nuvole che ne avvolgono spesso la sommità.
I costi. Argomento caldo. Il costo della vita in Tanzania non è elevato - per noi occidentali, s'intende - , ma i prezzi che vengono applicati al turista che visita i parchi non sono in relazione al costo della vita locale bensì alla sua capacità di spesa.
Giusto? Sbagliato? Sicuramente fastidioso, ma non è certo una esclusiva dell'Occidente civile il libero mercato, la cui regola aurea è . . . l'assenza di regole.
Quindi, dal momento che il mercato si autoregolamenta, i tanzaniani, ben coscienti della posizione di forza in cui li colloca una natura generosa nei loro confronti, attuano una politica di prezzi che diversifica le tariffe in base al passaporto: i locali che intendessero accedere ai parchi - noi peraltro non ne incontriamo - pagherebbero pressappoco 1/200 di quanto paghiamo noi stranieri.
Gli introiti però restano, almeno ufficialmente, in Tanzania, uno dei Paesi più poveri del mondo, che dal turismo trae una parte consistente del proprio PIL, per il resto basato principalmente sull'agricoltura.
Ben diverso pare essere il caso dei lodge, gli alloggiamenti spesso di proprietà di occidentali, dove i costi sono altissimi e i proventi vanno a gonfiare le tasche di imprenditori occidentali: alla popolazione locale non restano che le briciole.
I dubbi a sfondo etico non si pongono per noi, che ai confort dei lodge preferiamo la vita spartana di tende e sacco a pelo, all'interno di campeggi, le cui strutture sono, in generale, dotate di servizi fatiscenti, di un'area adibita alla cucina da campo e di una radura dove montare le tende, a cifre oscillanti tra i 20 e i 30 $.
Quando ci piazziamo all'interno dei parchi la sensazione di avventura ci avvolge, non c'è nulla che ci divida dalla moltitudine di animali di cui - vogliamo immaginare - pullula la savana.
Le notti tuttavia trascorrono tranquille. Leoni, iene, leopardi, gli abitanti della savana, hanno altro da fare che pensare a noi, soltanto il vento che sibila fra i rami delle piante disturba il riposo dei viaggiatori stanchi.
Giorni di immersione totale nella natura.
I parchi sono il regno incontrastato degli animali, attorno ai quali sono stati inventati, all'uomo è permesso entrarci nella sola veste di visitatore, gli stessi Masai, l'etnia di allevatori che popola queste terre a cavallo tra Tanzania e Kenia, vivono ai margini dei parchi.
Il Tarangire National Park, i parchi dei laghi Manyara ed Eyasi, la Ngorongoro Conservation Area, il Serengeti National Park: migliaia di chilometri quadrati dove l'uomo non è padrone ma ospite, noi ci soffermiamo - a bordo di fuoristrada di produzione giapponese - ad osservare elefanti e giraffe, zebre e gnu, leoni e scimmie, bisonti e gazzelle, migliaia di scatti colle nostre macchine fotografiche, in estatica ammirazione di uno spettacolo da documentario.
Dall'altra parte, indifferenza assoluta.
La famiglia dei leoni consuma il suo pasto senza scomporsi, il maschio ha la priorità sui piccoli e sulle femmine, lo scrocchio delle ossa del facocero tra le fauci delle belve affamate, mandrie di gnu e zebre transitano a breve distanza dai leoni, quadri con il cielo affollato di nuvole a far da soffitto; l'uomo, una presenza impalpabile.
Il fuoristrada viaggia a passo d'uomo là dove l'esperienza dei guidatori-guide sa di poter incontrare animali che ci attraggano - gazzelle, zebre, gnu sono così numerosi che, dopo l'entusiasmo dei primi avvistamenti, hanno verso di noi la stessa capacità di attrazione dei cani e dei gatti nei nostri paesi - ; cerchiamo invano rinoceronti e leopardi, che alla fine non avremo la fortuna di incontrare.
Nei tratti di trasferimento la velocità è elevata, sia pure su strade sterrate, si va talvolta immersi in nuvole di polvere rossa che ci avvolge e ricopre anche quei poveracci che hanno la sfortuna di incrociarci, a piedi o in bici o in moto, ragazzini che vanno a scuola, uomini seduti sul bordo della carreggiata a passare il tempo, un tempo che non corre alla nostra velocità, donne che trasportano bidoni di acqua verso misere casupole sperdute nel nulla.
Per giorni interi l'asfalto è dimenticato, si vive al di fuori del mondo, specie nel Serengeti National Park, spazi infiniti di struggente bellezza in cui ci si abitua a non vedere altri esseri umani, ad eccezioni di pochi turisti, a loro volta disseminati nelle praterie e nelle savane, a bordo dei soliti fuoristrada giapponesi.
L'immensità degli spazi potrebbe far pensare ad una monotonia, interrotta esclusivamente dall'incontro con gli animali: nulla di più errato.
Il paesaggio mostra una varietà che spazia dalla savana ingiallita dalla mancanza di acqua alla spaccatura della Rift Valley, la grande fossa tettonica che si estende da nord a sud per migliaia di chilometri con le pareti a strapiombo sulla depressione sottostante, alle verdi praterie dove l'erba bagnata da una rara pioggia lascia intendere quale può essere lo spettacolo cromatico al termine della stagione delle piogge.
Ottobre è il periodo in cui la stagione secca volge al termine, il colore predominante è il giallo, i corsi d'acqua sono asciutti, l'acqua è una manna desiderata, che scenderà a breve, copiosa, a riempire il letto di torrenti e laghi, dove c'era erba secca torneranno verdi pascoli e fiori colorati, per approvvigionarsi d'acqua boscimani e masai non dovranno farsi chilometri alla ricerca di sorgenti, le piste diventeranno impraticabili, ma questo è un problema solamente per i turisti...
Masai abbigliati negli sgargianti colori della tradizione, con il telefonino ultimo grido, ad ogni angolo di strada pubblicità delle compagnie locali di telefonia mobile, strade appena asfaltate con il contributo della Banca Mondiale, venditori di oggetti artigianali ad assillare il ricco straniero, il ritorno fra gli uomini ha un sapore di déjà vu ad altre latitudini.
In Madagascar come in Uzbekistan, in Tanzania come in Costa d'Avorio, colpiscono i contrasti, poveri e ricchi, primitivo e ultramoderno, tradizione e innovazione, consumismo e sopravvivenza.
L'avere a disposizione due sole settimane per un Paese grande più di tre volte l'Italia impone delle scelte e quindi si finisce per avere una visione ed una conoscenza parziale della realtà locale.
Poca attenzione si è potuta prestare alla vita della gente della Tanzania. Dalle statistiche che si basano sui freddi indicatori economici - Pil, reddito pro-capite - , dagli agghiaccianti indice demografici e sanitari - mortalità infantile, aspettative di vita, diffusione dell'Aids - , traspare una realtà cruda di un Paese dove la vita quotidiana presenta difficoltà di ogni genere per la stragrande maggioranza della popolazione.
In questo contesto, fortunati sono coloro che lavorano a contatto con i turisti: autisti, cuochi, guide, oltre a disporre di un lavoro retribuito, ricevono mance che, se per noi che le elargiamo hanno un valore insignificante, per queste persone sono fonte di un benessere sconosciuto ai più.
Infine Zanzibar.
Su quest'isola dove approdiamo per qualche giorno di riposo dopo 1300 chilometri di safari, circa 700 di un pittoresco trasferimento in autobus di linea e tre ore di traghetto, numerose sono le persone che si industriano per sfruttare il contatto con i turisti a fini economici nelle maniere più disparate, mostrando inventiva e spirito d'iniziativa.
Gli italiani arrivano in massa a Zanzibar, acque cristalline, sole e caldo dodici mesi l'anno, fondali ideali per snorkeling ed immersioni, abbronzatura garantita, pesce ed aragosta a prezzi modici, tutti gli ingredienti dell'esotismo da cartolina.
Cosa trovano ad accoglierli? Certamente tutte queste cose ed anche ragazzini e giovani che, in un sorprendente italiano imparato sul campo, provano a vendere dipinti ed oggetti, spesso bellissimi nei loro colori intensi; negozi che hanno insegne sbarcate dall'Italia - Johnny Stecchino, la coop sei tu chi può darti di più, la Rina Scente, Conad prendi 3 paghi due - ; escursioni su paradisiache isolette di sabbia e baobab che, spacciate per esclusive, si rivelano affollate di italiani, sguaiati nell'esibire tutto il proprio repertorio di penose battute; guide che conoscono nel dettaglio i film di Roberto Benigni e le barriere invalicabili dei villaggi tuttocompreso con guardiani inflessibili.
Le ultime cartoline da Zanzibar, dalla Tanzania e dall'Africa mostrano il check-in all'aeroporto di Stonetown in fila sul marciapiede sotto il sole, la lunga attesa della coincidenza a Nairobi, a dormire sui materassini già usati in tenda, infine Piero Angela, così spesso evocato durante l'avventura e comparso, miracolosamente, all'imbarco al Cairo, a suggello del documentario in cui abbiamo galleggiato per quindici, troppo veloci, giorni.
Carlo Ronco
Carlo ha descritto anche un bel tragitto motociclistico da Cuneo a Samarcanda visibile in Long Way East.