- Home
- terremillenarie
- Persia
Programma Stilato diligentemente prima della partenza ma poi liberamente interpretato, anche se le destinazioni quelle erano e quelle sono rimaste:
Visti Forse si potevano ottenere anche all'arrivo, in aeroporto a Teheran, ma ad evitare perdite di tempo o respingimenti di cui si legge sul Web (col senno di poi, alquanto improbabili) abbiamo optato per il classico visto turistico ottenuto al Consolato di Piazza Diaz, a Milano. I nostri scali di arrivo e di ripartenza erano poi a loro modo atipici: entrata in Iran da Mashhad, rientro in Europa da Tabriz, mentre il "visa on arrival" era magari prassi percorribile solo da Teheran, forse. Sta di fatto che siamo partiti da Milano già "vistati". Mi pare di aver speso, per i visti, circa 80 Euro cadauno.
Vaccinazioni Nessuna
Da est a ovest, le città e i luoghi visitati Mashhad, Shiraz, Persepolis, Isfahan, Kerman, Shahad, Gandom Beryan (deserto Dasht-e Lut), Mahan, Rayen, Yazd, Meybod, Nain, Kashan, Abyaneh, Qum, Tehran, Tabriz, Kandovan, Ghara Kelisa.
Internet WiFi presente e gratuito in tutti gli hotel nei quali abbiamo soggiornato. Nessun problema con la posta elettronica, ma niente Social e molti siti "oscurati". Le ricerche con Google rispondono regolarmente ma quando poi si clicca su questo o quel risultato alcune volte ci si ritrova in un sito "governativo" (credo), scritto in farsi, succedaneo di una qualche forma di motore di ricerca. Non resta che chiudere e passare oltre, sperando di avere migliore fortuna col click successivo. Curioso: vedevo senza interferenze il Fatto Quotidiano e credo di ricordare anche Ansa.it - Niente da fare per Corriere.it. Inaccessibile Twitter. Inaccessibile Facebook, ad evitare che una possibile We are all Khaled Said - che potrebbe essere confezionata ad arte, chissà dove - possa far da scintilla ad un incendio doloso appiccato in nome di una "primavera persiana". Logiche di una Repubblica Islamica sotto assedio (e sotto embargo) internazionale.
Embargo Embargo? Quale embargo? Coca-Cola ovunque (quella "vera") pure nelle varianti Zero e Light. Negozi ben forniti, di tutto; a Tehran anche griffe italiane e francesi. Le autovetture Peugeot e Renault sono popolarissime in tutto il paese. Nei cantieri il movimento terra è spesso affidato ai bestioni della Cat. La morsa - fortemente voluta dagli Usa - che vorrebbe e dovrebbe quasi soffocare il paese allo scopo di farlo desistere dai suoi propositi nucleari sembrerebbe - almeno ad una visione superficiale - non funzionare. Il resto del mondo fa spallucce (gli affari sono affari) e se ne lamenta il Wall Street Journal http://online.wsj.com/article/SB123379548035950207.html Pure da noi l'entusiasmo per la condotta anti-iraniana non è alle stelle; anzi, Il Giornale di Sallusti ritiene che "...attendismi e sudditanza rischiano di trasformarci (noi italiani, ndr) nell’unica vittima delle sanzioni studiate per contenere il nucleare iraniano" http://www.ilgiornale.it/news/embargo-petrolio-iraniano-paga-l-italia.html
Clima (luglio-agosto) Di giorno, caldo - in talune località anche 40 gradi - ma asciutto. All'ombra si sta sempre bene. Serate e nottate sempre piacevoli. Non piove mai.
Abbigliamento Un avviso alla reception del nostro hotel a Kashan recitava: "Gentili ospiti, in Iran lo Hijab è una legge, rispettatela". Laconico, a suo modo perentorio. Ma portare un velo (chiamatelo foulard, vi sentirete già meglio) e rinunciare alle gonne non è stato poi un dramma. Abbiamo comprato un vero Chador (lungo, nero e coprente) a Qum, giusto per poter entrare una mezz'oretta negli spazi - peraltro molto belli - nei quali lo Hijab non ammette varianti non ortodosse. E' stato come acqustare un souvenir. Sotto il chador - di giorno, in agosto - il caldo è davvero opprimente per un metabolismo europeo. O forse ne abbiamo acquistato uno non adatto al clima estivo. Lo abbiamo pagato 300.000 Rials (12 Euro). Giusto per sgombrare il campo da equivoci: lo Hijab vale per tutti (anche per i turisti) ma non si applica ai bambini (neanche ai turisti).
Preoccupazioni Le solite, tutte apparentemente infondate, dettate da uno strato di preconcetti e luoghi comuni spesso due dita. Età media bassissima, bimbi e famigliole ovunque. Cordiali ed ospitali (è stato un continuo "Welcome to Iran") gli iraniani non hanno l'aria di volere un'escalation gratuita dei dissapori con Israele. Tuttavia, in loro si percepisce un'identità nazionale inimmaginibile per noi italiani. Ancora piangono i morti della sciagurata guerra con l'Iraq (1980-1988), la guerra "imposta". Le nostre ansie in terra di Persia sono perlopiù mutuate dai nostri telegiornali. Una volta lì, vien da pensare che le minacce - per noi turisti - siano più che altro quelle di un folle ma possibile "fuoco amico". Ma un po' codardo un po' cinico, prima di scatenare un'altra desert storm penso e spero "i nostri" ci daranno il tempo per rientrare in patria.
Ramadan 2012 E' cominciato la sera del 19 luglio e si è concluso al tramonto il 18 agosto. A dire il vero, gli iraniani sembrano non farsi influenzare più di tanto dalla questione del digiuno e della preghiera. In Siria, due anni fa, abbiamo avuto la sensazione che l'osservanza fosse più stretta e rispettata dai più.
Lilli Gruber Sia pur scritto nel lontano 2005, il libro di Lilli Gruber Chador, nel cuore diviso dell'Iran (Rizzoli) si è rivelato più che mai attuale e utilissimo a comprendere Iran e gli iraniani. Anche nel 2012. Meglio di una guida turistica.
Carte di credito Niente carte di credito Visa, MasterCard. Non è nemmeno possibile prelevare contate con Cirrus o Maestro. Questa limitazione è uno dei pochi risvolti tangibili dell'embargo e costringe il turista a partire con gli Euro in tasca. Perlatro, la nostra divisa si cambia alla grande. Bene accetti anche i dollari Usa, pecunia non olet. In realtà, al bazar di Tehran avremmo anche potuto pagare con Visa o MasterCard; le macchinette per strisciare le carte occidentali, taluni commercianti le hanno; ci hanno detto che la transazione avviene triangolando con un point of sale mediatore, formalmente non iraniano. Non avendo concluso la trattativa, non abbiamo acquistato nulla e l'esperienza "Visa Card in Tehran" è rimasta priva di riscontro.
Cambio ufficiale (agosto 2012) Mai cambiare in banca o in hotel, con 100 Euro si ottengono solo 1.500.000 Rials; verificato anche sul currency converter di xe.com/ucc
Cambio non ufficiale (agosto 2012) Nelle agenzie di cambio o per strada la musica è ben diversa, con 100 Euro si mettono in tasca 2.500.000 Rials. Ovviamente, occorre ricordarsi che il Rial non è una moneta convertibile. Se quando state per imbarcarvi e tornare a casa avete ancora in tasca delle banconote "inutil", infilatevi nelle toilette dell'aeroporto e regalatele a chi ha il compito di pulire i cessi. Avrete certamente fatto la cosa giusta (in qualunque posto del mondo vi troviate).
Istanbul-Mashhad All'aeroporto di Istanbul - volo TK0888 per Mashhad - impossibile non notare quella che io avevo ribattezzato all'istante Anna Oxa: tratti medio-orientali, una bella, scollata e sbracciata ragazza in attesa di imbarcarsi, come noi. A una decina di minuti dal boarding time contavamo donne velate e non velate: metà e metà. Poi la chiamata e tutte quante trovano un "rimedio". Anche ad Anna Oxa tocca di ricomporsi. E' l'Iran bellezza, e tu non puoi farci niente. Atterrati e giunti all'Hotel Ghasr Talaee International l'aria è iraniana; la cortesia di tutti nei nostri confronti è decisamente sopra la media. La sistemazione è tipicamente "internazionale". Certo, nel minibar non c'è whisky, ma la Coca-Cola si. Doccia abbondante, lettone confortevole, climatizzazione ok. Siamo ad un piano piuttosto alto e sotto di noi corre la grande arteria Emam Reza.
Mashhad, Imam Reza Shrine Da vedere. Il taxi ci porta in prossimità dell'ingresso e come capiterà spesso si percepisce che sono tutti favorevolmente sorpresi e quindi lieti della nostra presenza. Ciò nonostante ci impediscono di entrare senza aver prima depositato la fotocamera anche se ne scusano a più riprese (i soliti "ordini sueriori"...). Io non riesco a nascondere la mia seccatura; anzi, sono furibondo per il divieto di scattar foto dato che siamo a Mashhad praticamente solo per vedere il Reza Shrine. Per fortuna mi si fa capire che se scatto col telefonino non c'è problema. E va bene... Ma a mia moglie - nonostante abbia il velo a coprirle i capelli - impongono il lenzuolone "total body". Non è finita: ci viene impedito di entrare senza che prima ci venga assegnata una guida, un funzionario dell'autorità religiosa. E va bene... Siamo ai cancelli da circa mezz'ora ma - nonostante tutto il loro garbo - non siamo ancora riusciti a passare. Dalla situazione un tantino caotica e nevrotica che è venuta a crearsi, sbuca fuori una giovane ragazza italiana (un segno che Allah esiste) la quale facendosi interprete cerca di accomodare tutto. Tutto sommato non è difficile: noi turisti si vuol vedere e fotografare le bellezze del luogo senza tante menate; loro che del luogo sono i custodi hanno esigenze di security. E va bene... Arriva la guida; data la somiglianza io lo ribattezzo Fiorello. Parla inglese. Ci mostra che le donne hanno da passare il varco in un luogo diverso dagli uomini. La situazione ci suona - lo ripeto - un po' caotica e a suo modo ansiogena; siamo in Iran da pochissime ore. Può sembrare ridicolo ma perderci di vista, anche solo per cinque minuti - fa pensare alla remota possibilità che qualche cosa vada storto. Cose di cui non si sa. Fraintesi. Irregolarità latenti. Occorresse, basterà la nostra perfetta buona fede per chiarire tutto? Siamo in ballo e balliamo. Io passo di qui, lei (mia moglie) passa di la e dopo pochi minuti ci ritroviamo con Fiorello oltre i cancelli. Tutto bene. L'insofferenza da parte mia - col senno di poi - era del tutto immotivata. Di qui tutto in discesa ma prima di iniziare la visita vera e propria Fiorello ci porta - volenti o nolenti - in una sala molto bella dove siamo invitati a compilare un modulo (chi siete, da dove venite, che lavoro fate, di che religione siete). E va bene... Superata anche questa formalità Fiorello attacca a raccontarci del luogo e io prendo a scattare a più non posso col telefonino. Si passeggia e si conversa amabilmente; ok per le aree aperte, molto belle, vaste e rilassatamente animate, nelle moschee però non possiamo entrare. E va bene... Mi smarco dalla "benevola sorveglianza" di Fiorello e ritraggo anche bimbi, donne e famigliole. Forse non avrei dovuto: Fiorello riceve una chiamata sul cellulare; diventa cupo e ci dice che la visita è finita; dobbiamo avviarci in fretta verso l'uscita. Mi racconta che l'autorità religiosa lo ha rimproverato per non essermi stato sempre accanto (per la verità sono stato io a defilarmi). La cacciata dal tempio è avvenuta tutto sommato a visita pressochè conclusa e le eventuali conseguenze disciplinari (non credo...) hanno semmai riguardato lui. Noi siamo usciti tra sorrisi e cenni di ringraziamento. La visita durata circa due ore, la custodia della macchina fotografica, la guida parlante inglese, una busta con cartoline e materiale promozionale (ben fatto), il noleggio del chador (il "lenzuolone total body") sono costati zero.
Shiraz e Persepolis Da Shiraz in un'ora si arriva a Persepolis. Siamo li alle due del pomeriggio. Un grande e semideserto parcheggio lascia intendere che qualcosa non stia girando per il verso giusto. Anche i negozietti di souvenirs ai lati delle stradine che conducono all'ingresso sono tutti chiusi. Quest'aria dismessa in parte dipende dalla stagione e dall'ora che abbiamo "scelto" per visitare il sito; in parte dipende dal venir meno della domanda turistica che a sua volta è conseguenza dell'idea circolante in occidente, idea secondo la quale l'Iran è un paese quasi in guerra che si è scelto dei nemici piuttosto impegnativi (Israele e Usa). Qualche tettoia di troppo, alcuni irritanti divieti e qualche inutile barriera in plexiglass rendono il sito archeologico meno fruibile di quel che potrebbe essese. La luce e le temperature del primo pomeriggio sono delle peggiori e una volta trovata un po' d'ombra al riparo di qualche colonna millenaria vien voglia di non muoversi. Due ore più tardi i colori diventano più saturi e torna la voglia di far foto. Arrivano alla spicciolata altri turisti, per lo più iraniani. Risaliti in auto, in pochi minuti arriviamo al minuscolo sito di Nashshe-e-Rostam e poi alle imponenti pareti verticali delle tombe di Naqsh-i Rajab. A Pasargad non ci andiamo; occorrerebbero altri 80 kilometri; ci vanno quelli che passano di li per poi proseguire in direzione Yazd ma noi dobbiamo invece fare dietro-front e rientrare a Shiraz.
Hafez di Shiraz A Shiraz e in tutto il paese c'è un grande rispetto per i poeti. Di tale venerazione il mausoleo di Hafiz ne è espressione tutt'altro che isolata. Quanto grande sia poi la sua poesia non saprei dire, dato che la poesia in genere mi lascia del tutto indifferente. Questi sono alcuni stralci trovati in Rete che possono forse tornar utili a capire la levatura del vate iraniano: https://www.inognidove.it/persia/Hafiz-Poems.pdf
Isfahan, Hotel Abbasi Dimora da sogno, l'Hotel Abbasi di Isfahan, anche perchè - come spesso ci capita di fare - chiediamo una stanza migliore rispetto alla prima che ci viene offerta, ci accontentano e ce ne danno una rivolta verso il giardino interno. Arredo semplice ma non dizzinale. La sera il clima è perfetto: non occorre aria condizionata, lasciamo sempre aperta la porta che da sul balcone. C'è una brezza che muove le tende. Il cielo è blu scuro, sereno. Fino ad una certa ora arriva da sotto il chiacchiericcio della Isfahan benestante che viene qui all'Abbasi a cenare. Ci sono molte benestanti coppiette e ci sono moltissimi tavoli affiancati di benestanti famiglie ed amici con mogli e figli (tantissimi) che corrono e giocano con l'acqua delle immancabili fontanelle. In Iran c'è una vera e propria cultura dell'acqua intesa come primario elemento decorativo. Fa bene allo sguardo e fa bene allo spirito; diffonde un senso di serenità. A pensarci è vero un po' in tutto il mondo, ma qui ancora di più.
Kerman Kerman è profondo Iran e se in Iran ci vanno in pochi, a Kerman di turisti eravamo solo noi. E in effetti a percorrere l'antico bazar coperto ci si sente gli occhi di tutti puntati addosso. Niente di che preoccuparsi, ma se tutti ti guardano è difficile non provare imbarazzo nello scattare qualche foto in un luogo affollatissimo dove ogni inquadratura contiene almeno una ventina di persone, la metà donne. Mentre altrove il velo, spesso colorato, basta e si limita a coprire i capelli, qui il chador - nero, ovviamente - è la regola. Lo si vede portato anche dalle bambine nell'età in cui la legge - lo Hijab - consentirebbe loro i capelli sciolti.
Gandom Beryan Partendo la mattina da Kerman, siamo andati a lambire il deserto del Dasht-e-Lut - nelle ore centrali di venerdì 10 agosto 2012 - e più precisamente abbiamo fatto una brevissima sosta non lontani dal famigerato Gandom Beryan (il cartello 30.747944, 57.759102 recita the hottest area of the world) che passa per essere il punto più torrido e arido della terra, almeno stando ai rilevamenti radiospettrometrici dei satelliti Nasa. 70 gradi Celsius. Mia moglie è sempre rimasta chiusa nel fresco dell'aria condizionata della Renault ma io sono sceso dall'auto per circa cinque minuti, per scattare qualche foto: luce pessima, senza ombre, nessun contrasto, nessun colore. La Panasonic Lumix funziona anche in quelle condizioni estreme ma il bulbo oculare si secca invece subito; così pure le mucose nasali. Sarebbe stato meglio arrivarci la mattina o nel tardo pomeriggio, ma quel giorno è andata così. Per arrivare al Dasht-e-Lut, da Shahad - che già di suo ha l'aria di essere l'ultimo luogo abitabile da un essere umano - occorre percorrere altri 45 kilometri in direzione nord, verso il confine con l'Afghanistan, lungo la strada che porta a Nehbandan. Mette un po' d'ansia immaginare che l'auto si possa fermare per un guasto; vien da pensare che in quelle condizioni ci sia un ridotto margine di sopravvivenza che ha da bastare per chiedere aiuto. Strano ma vero; il cellulare trova comunque una rete cui aggrapparsi; un parziale sollievo. Lungo il percorso vale la pena di fermarsi una mezz'oretta al caravanserai di Shafiabad, molto ben conservato; lo si scorge anche dalla strada.
Mahan
Rayen
Yazd
Kashan
Abyaneh
Qum
Tehran
Tabriz Una curiosità; la piscina dell'International Hotel Tabriz, una struttura realizzata nel 1971, era stata certamente concepita per farci il bagno, come si usa fare - tempo permettendo - ovunque ci sia una piscina. Col ripristino dell'ortodossia islamica, il ritorno dell'Ayatollah Khomeini e la cacciata dello shah, alla piscina è stata aggiunta una ringhiera lungo tutto il perimetro tale da ricondurla ad una funzione essenzialmente decorativa. Una fittizia cascatella completa il quadro. Vietato bagnarsi (ma non ne abbiamo mai sentito il desiderio).
Kandovan Già in Tunisia, a Matmata, avevamo visto gente abitare nelle buche a loro modo arredate e persino allacciate alla energia elettrica, ma erano poche unità e sembravano più che altro stare al gioco di un copione che così li aveva promessi e così li doveva far vedere ai turisti europei in vacanza. La sensazione una volta arrivati a Kandovan è che qui, invece, una non sparuta schiera di matti - a pochi kilometri dalla moderna Tabriz - perseveri nel vivere convintamente negli anfratti rocciosi scavati o naturalmente creatisi tra i pinnacoli di cenere vulcanica solidificata, lascito di una remota eruzione del Monte Sahande. Pur autentico nelle "abitazioni" più scomode e fuori mano, il villaggio ha comunque una evidente vocazione turistica, qualcosa di non spontaneo, nelle zone "basse", quelle vicine alla strada. Tutti i negozietti stanno al gioco e vendono souvenir e generi di conforto (qui va per la maggiore un'acqua minerale che vanterebbe proprietà terapeutiche). L'architettura è peraltro spesso corrotta da aggiunte di muri in mattone e tetti in lamiera ma resta non di meno particolare. Già, ma a quali turisti è rivolta l'attrazione Kandovan? Abbiamo avuto la sensazione di esser li davvero in pochi, noi europei. Perlopiù si tratta di iraniani in gita. Essendo Kandovan - per certi versi - un "parco a tema" ai visitatori è richiesto un pedaggio di ingresso. Non è il caso di soffermarsi poi tanto nel cercare di capire il grado di autenticità del tutto. C'è un misto di originale e fake. Fate un po' voi... look at those cavemen go, it's the freakiest show (David Bowie, Life on Mars).
Ghara Kelisa Siamo in Azarbaijan, inteso come regione nord occidentale dell'Iran, a 90 km dal confine di Bazargan con la Turchia. Paesaggio molto bello; una regione di chiara influenza armena, impreziosita da piccole chiese solitarie. Non molto distante dalla notevole Ghara Kelisa c'è il minuscolo monastero di Zorzor (o Dzor-Dzor) 39.187037, 44.47631 affacciato un tempo sulla valle, oggi sullo specchio d'acqua venutosi a formare con la costruzione della diga di Baroon. Noi siamo arrivati "solo" sino a Ghara Kelisa (3-4 ore d'auto da Tabriz) e subito siamo rientrati ma credo possa valere la pena di dedicare a questo angolo di mondo una "due giorni" a caccia di ponti e chiesette; da collezionare ve ne sono almeno una mezza dozzina.
Iran e Hollywood Argo, film diretto e interpretato da Ben Affleck (2012), narra di una vicenda parallela rispetto alla presa degli ostaggi dell'Ambasciata Usa a Tehran (4 novembre 1979): mentre le 52 persone sequestrate dai Guardiani della Rivoluzione sono al centro dell'attenzione dei media di tutto il mondo e ci restano per 444 giorni, uno sparuto gruppo di sei diplomatici americani riesce ad infilarsi nel compound canadese e tornare rocambolescamente in patria dopo 85 giorni, molto prima degli altri. L'episodio, reale ma alquanto secondario, ha ritrovato con questo film di Affleck gli onori del grande schermo, ben disposto a dimenticare il maldestro tentativo - reale pure quello - di risolvere la situazione con un atto di forza (l'Operation Eagle Claw, autorizzata da Jimmy Carter nell'aprile del 1980); tentativo tragicamente fallito, pare per motivi "meteorologici". Sia pur illuminando la storia ai suoi margini, la pellicola di Affleck risulta interessante; peccato per le ridicole scene - inventate di sana pianta - che alla fine vedono automobili in pista di decollo ad inseguire il salvifico volo Swiss Air SR 363 che il 27 gennaio 1980 riporta a casa "i magnifici sei". Ma si sa: "mai rovinare una bella storia con la verità". Per saperne di più sul come si è davvero svolta la vicenda: http://www.foreignpolicy.com/articles/2012/10/18/the_true_spy_story_behind_argo?page=0,0
Iranians What might save us, me and you is if the Iranians love their children too (Sting, Russians). Ho visto e ne sono più che certo: anche gli iraniani amano i loro bambini.