Cammino di Santiago in bicicletta
Un tragitto non italiano, tosto e interessante.
Una nuova partenza da pellegrino verso Santiago de Compostela è imminente.
Poco più di una settimana e un aereo ci porterà a Lourdes, da dove inizieremo, Sandro ed io, con le nostre mountain bike, a percorrere i sentieri che nel giro di circa due settimane ci porteranno - se non ci saranno intoppi - dapprima a Santiago e poi a concludere l'avventura in faccia all'Oceano Atlantico, a Muxia.
Un'altra volta, la quinta, nell'arco di nove anni: il 2004, la prima esperienza, sorprendente; il 2005, da Siviglia, sud-nord, la calura; il 2007, il ritorno sul camino Francès con nuovi compagni da guidare; il 2010, la conferma che il Camino ti entra dentro.
Compagni 'storici' e compagni nuovi, Armando e Matteo, Daniela e Paola, Robi e Gianantonio, Giusi e Sandro, a comporre gruppi variegati e però accomunati nel perseguire l'obiettivo di raggiungere la meta, attraverso migliaia di pedalate su e giù per la Spagna.
Un pensiero in più ad accompagnare le bici, quest'anno: due amici pedalatori che ci seguivano da casa e che non ci sono più.
Aldo e Marco li sentiremo ancora un poco con noi.
Il programma
26/6 - Quasi il giorno della partenza
Siamo a pochi giorni dalla partenza, finalmente.
Le bici hanno smesso di calcare le strade piemontesi e attendono il momento di lanciarsi sui sentieri di Francia e Spagna, Piemonte Pirenaico e Navarra, Rioja e Castilla, Galizia e Oceano Atlantico, sulla meseta e sulle montagne, tra campi di grano (ormai sarà stato raccolto) ed eucalipti, in compagnia di centinaia di pellegrini protesi verso la lontana Santiago.
[...]
E’ venuto il momento di verificare le previsioni meteo laggiù: è necessario che i primi due giorni abbiamo bel tempo, dovendo salire oltre i duemila metri del Col des Moines, baluardo che si erge tra Francia e Spagna, così chiamato perchè in epoche lontane era costume delle monache che risiedevano sul versante spagnolo salire al valico per soccorrere i pellegrini che vi giungevano spossati, rifocillarli e accompagnarli verso valle.
Le monache non ci sono più e noi contiamo di non aver bisogno di soccorsi, ma se dovesse esserci tempo brutto saremmo più prudenti e seguiremmo una strada meno impervia, asfaltata e percorsa da mezzi a quattro ruote, certamente meno suggestiva e solitaria.
Il meteo è confortante, per ora, sui Pirenei; in Spagna, le temperature sono elevate – 30-32 gradi – ma il tasso di umidità è assai meno elevato di quanto non sia qui, le webcam mostrano il sole da Pamplona a Santiago.
San Giacu, sei pronto ad accoglierci?
28/6 - Calzini? quattro paia. Magliette? tre. Il pigiama? no.
E’ tutto registrato il necessario per sopravvivere in circa tre settimane da affrontare in sella ad una bici, sulla quale è trasportato tutto quanto serve, dalle mutande ai ricambi per la bici, dalla macchina fotografica al sacco-lenzuolo.
Alla quarta volta che affronto il Camino de Santiago quindi non crea troppo stress il preparare i bagagli, partendo dall’esame della lista che vien fuori dal file chiamato 'da portare' , archiviato nella cartella dei Viaggi.
Le borse sono nuove, sgancio rapido, capienti, ci starà di sicuro quel che ci deve stare, una borsa andrà in stiva insieme alla bici, l’altra verrà con me in cabina, le misure rispettano le normative imposte da Ryanair, se sforassero si dovrebbe pagare il supplemento, come per ogni cosa che non è esattamente a norma nei voli con le compagnie low-cost e non sarebbero affatto noccioline.
[...]
Qui mi ritorna alla mente la scena di un ritorno da Santiago, 2007, imperdibile e indimenticabile.
Londra, aeroporto di Stansted, volo Ryanair.
Paola ha con sè uno zaino, a norma, sul quale è appoggiato il casco usato per il cammino in bici.
L’addetta al controllo delle dimensioni del bagaglio, con la malagrazia e l’arroganza che contraddistingue spesso questi personaggi, le segnala che il casco, esterno al bagaglio, costituisce un secondo bagaglio a mano e la invita a pagare il supplemento, qualche decina di euri.
Paola sfila il casco dalle cinghie che lo reggono, lo calca in testa, si rivolge con tono di sfida e di scherno all’addetta e le rifila un This is my cap! che la zittisce senza pietà. Unica!
Fuori c’è il coprifuoco, l’Italia ha dichiarato guerra alla Germania, le urla belluine che arrivano dalle finestre aperte mi fanno pensare che gli italiani la stiano vincendo, ha strillato anche Gabriele, l’ultimo arrivato del condominio, quattro mesi mai sentito strillare così!
La merkel batte in ritirata con lo spread tra le gambe, la riforma delle pensioni e quella del mercato del lavoro sono state cancellate, gli italiani tornano ad essere ricchi e rispettati, la guerra sta per finire, domenica toccherà alla Spagna, speriamo che la guerra sia breve, lunedì saremo in Spagna, noi.
Forse mi sono sbagliato.
Gli italiani sono chiusi in casa o al bar, sono calciatori e non soldati a darsi battaglia, in pensione si andrà a cento anni, i lavoratori potranno essere licenziati liberamente, si resta poveracci, ma chissenefrega, gli italiani sono contenti così.
30/6 - Lourdes
Piove!
Non sembra possibile che si lasci l'afa e i 35 gradi di casa nostra, si prenda un aereo e in poco più di un'ora e mezza ci si trovi con pioggerellina autunnale e una temperatura di meno di 20 gradi.
Eppure è quel che ci é successo oggi tra le tre e le cinque del pomeriggio: caldo opprimente alla partenza da Bergamo e una accoglienza a base di vento freddo all’aeroporto di Lourdes.
Cosi’ ci siamo messi a rimontare le nostre bici fuori dell'aerostazione, in compagnia di un ciclista abruzzese che fara' il cammino da St.Jean Pied-de-Port, nella desolazione di un aeroporto silenzioso e triste, mentre il vento portava in giro nel cielo plumbeo nuvoloni grigi e neri che incutevano timore di pioggia imminente.
[...]
Percio' non appena le bici sono state rimontate, via ventre a terra (Sandro ha trovato un degno compare...) verso l'albergo di Lourdes dove stasera dormiremo con le nostre bici in camera.
La pioggia ci ha risparmiati per la dozzina di chilometri che ci separavano dalla citta', iniziando a cadere quando abbiamo lasciato l’albergo per andare a 'vivere' il centro.
Sembra autunno, l'atmosfera da' un forte senso di tristezza, ingantito dalla visione della fiaccolata serale sulla spianata davanti il santuario.
Migliaia di persone, chi sulle carrozzelle chi a piedi, i ceri in mano, impermeabili usa e getta a difendersi dalle goccioline che il cielo non lesina stasera, preghiere in diverse lingue, la processione é un lunghissimo serpentone che trasuda malinconia e sofferenza, volti di etnie lontane, ave marie e invocazioni senza sosta e la foschia che avvolge il santuario e la grotta dove i fedeli scorrono lungo le pareti di roccia levigata dall'imposizione di migliaia di mani.
Domani ce ne andremo da qui, se il cielo non sarà troppo inclemente; non é una novità iniziare il cammino sotto la spada di Damocle dell'acqua incombente, finora, nelle altre occasioni ci é andata bene, san Giacu stavolta dovrà fare uno sforzo fuori casa – siamo ancora in Francia – per accompagnarci sul suolo spagnolo, asciutti.
Siamo nelle sue mani.
1/7 - ALLONSANFAN!
Stiamo prendendo delle brutte abitudini in questi primi due giorni di cammino !
Ieri il contachilometri segnava una dozzina di chilometri e alla sei e mezza eravamo in un albergo con i confort di un 3stelle ; oggi i chilometri sono poco più di cinquanta e alle tre del pomeriggio siamo stati accolti in una stanza con tre letti - di cui uno matrimoniale – e disponiamo di doccia, cucina a disposizione, soggiorno e un terrazzino.
Non è quel che si direbbe una vita da 'pellegrino', ma anche oggi, come ieri, abbiamo ampi argomenti a nostra giustificazione.
[...]
Siamo a Louvie-Jouzon, nel Piemonte Pirenaico – alla nostra sinistra dovrebbero esserci i Pirenei, ma le nuvole basse non ce ne permettono la vista e la minaccia di pioggia incombente è la ragione per la quale alle due ci siamo fermati per pranzare e, visto che la pioggia aveva nel fattempo iniziato, abbiamo deciso di non andare oltre.
Nel tepore di un localino simpatico e caldo, davanti ad un piatto di lasagne – salmone, ricotta, spinaci, capra gli ingredienti – e un bicchiere di rosso, la decisione non è stata difficile.
Non abbiamo fretta, le previsioni meteo sono ottimistiche, nei prossimi giorni il tempo dovrebbe migliorare e inoltre, se restiamo qui, domattina potremo decidere per quale strada arrivare al colle di Somport, il valico che consente il passaggio in Spagna.
Stamane abbiamo lasciato Lourdes, uno dei posti più tristi che mi sia mai capitato di vedere, mentre già cominciava il via vai di quella umanità dolente che affolla la spianata sotto le guglie del santuario mariano.
Un percorso meraviglioso quello che ci ha portati fin qui, stradine in mezzo a boschi fitti, il fiume che rumoreggia al nostro fianco sotto di noi a farci da guida (ciononostante riusciamo a sbagliare strada e a trovarci, incredibilmente, a tornare verso Lourdes prima di renderci conto dell'errore), verde, tanto verde, paesaggi alpini a trecento metri sul livello del mare, villaggi spettrali nel loro deserto silenzioso, asinelli e cavalli a pascolare liberi, poi saliscendi continui, molta delle strada è su sterrato, l’asfalto lo abbandoniamo appena possibile, aiutati dalle indicazioni biancorosse che ci mandano nella direzione voluta, non è una tappa pesante, anche perché fa fresco e il paesaggio aiuta ad immergerci in un’atmosfera agreste alla quale non siamo più abituati.
E due pellegrini due che, a piedi, zaini in spalla, ad oltre novecento chilometri dalla meta, camminano leggeri verso una meta fatta di un mese e passa di passi.
Il bar-ristorante che mi ospita per le mie scritture è accogliente, si è mangiato bene, ora proveremo la loro birra, probabilmente saremo qui anche a cena, c’è da ore un avventore con un tipico basco messo di traverso che gioca a freccette, c’è la tv che stasera trasmetterà la partita, ai francesi non importa molto di chi vince – la Spagna li ha buttati fuori di brutto – dicono che la guarderanno ad occhi chiusi.
Ah, ragazzi, anche qui ho dovuto spiegare che Torino non è la città della.... ma del TORO e che quegli altri che giocano con la maglia rosa non sono che degli ospiti sgraditi.
Mi rendo conto di dover compiere un’opera di evangelizzazione dei popoli ignoranti: spiegare loro che Torino è stata e resterà GRANATA!
2/7 - ESPANA!
Siamo in Spagna!
Si puo' dire Spagna, in Italia, oggi?
Qui stasera la tv trasmetteva la parata dei Campeones vestiti di rosso, tra il tripudio della gente e noi siamo stati salutati con la mano aperta e il solo pollice chiuso...
¿Donde estan el pirla y el mejor portero del mundo y el grande delantero nigro? e' la domanda di uno spagnolo e vagli a spiegare che non ho manco visto la partita e non mi sono incazzato per il fatto che il bar dove avremmo dovuto vederla non e' stato in grado di mostrarla perche' non c’era la linea Internet.
Gia', nel tranquillo paesino di Louvie-Jouzon non c'e' ripetitore per la ricezione dei canali televisivi, quindi o Internet o l'antenna parabolica.
Il maltempo compromette la ricezione del segnale Internet, quindi sabato e domenica maltempo e niente Internet ieri sera.
[...]
Stamane ce ne siamo venuti via da li'; e' stata un'accoglienza simpatica, i gestori del locale, la coppia che ci ha affittato la camera, lui di origine italiana ci ha spiegato che li' si vive di agricoltura e dello sfruttamento delle foreste di cui la regione e' ben fornita, i clienti del locale, le poche persone viste nel paese dall'aria vagamente hippy e alternative.
Verso il confine con la Spagna e' stata dura, i primi chilometri la mattina in mezzo alla foresta, umida della abbondante pioggia caduta nei giorni scorsi, con il cielo che sempre piu' si colorava di azzurro a confortare le nostre aspettative di un cambiamento di clima per le ore e i giorni a venire.
E siamo arrivati in cima al colle di Somport – i veicoli hanno a disposizione un comodo ed odiato tunnel, pedoni e ciclisti si debbono sorbire ulteriori 500 metri di dislivello in salita – nel pomeriggio, Sandro davanti, io piu' indietro ad arrancare ad un velocita' al limite del capottamento, con il sole ormai padrone di un cielo azzurro sopra di noi.
Centocinque chilometri oggi, a compensare gli ozi di ieri, con un bel dislivello superato e il passaggio delle montagne a proporci un nuovo paesaggio, ancora verde ma con tonalita' che riflettono il diverso clima sui due versanti dei Pirenei: di la' umido e piovoso, di qua secco e arido.
Discesa su stradine dissestate a lato della strada nazionale, troppo battuta da camion lanciati a gran velocita' verso il fondovalle per essere percorsa oltre lo stretto necessario e a pomeriggio inoltrato siamo a Jaca, capoluogo di regione, cittadina viva che noi pellegrini non possiamo apprezzare oltre l’albergue del pellegrino e il ristorante dove ceniamo di corsa, che' dobbiamo rientrare entro le dieci, ora in cui scatta l’odioso coprifuoco a favore dei viandanti a piedi.
Stavolta e’ andata cosi', troppi chilometri per arrivare ad un orario che consentisse una scelta che tenesse anche conto dell'ora di inizio della clausura, da domani meno chilometri, piu' birre e piu' bocadillos, piu' tempo per il cazzeggio libero.
Queste sono le buone intenzioni serali, domani e’ un altro giorno, si vedra'... .
4/7 - SPACCAOSSA e CICALE
A Undués de Lerda non c’e'Internet, non c’e'un negozio, non c’e’ un bar ne’ un ristorante, tranne quello cui fa riferimento l’albergue del pellegrino, vi si cena dalle sette alle otto che’ poi la cucina chiude.
In questo posto ameno passiamo la serata, in compagnia di pochi altri pellegrini, due anziani signori tedeschi che non capiscono il significato di cerdo, maiale, pig, ma si illuminano quando grugnisco per tradurre il parco menu serale, due ragazzi spagnoli,uno dei quali in bici, una ragazza coreana, due signore che alle sette si erano gia’ dissolte nel nulla dell’albergue, infine una coppia di spagnoli - immaginiamo siano padre e figlia - che arrivano a piedi alle otto e mezza.
Ci siamo fermati qui perche’ la disponibilita’ elevata di posti letto, rapportata all’esiguita’ degli albergue successivi, ci ha indotti ad una scelta prudenziale,dopo una giornata calda e faticosa, iniziata al levar del sole, quando i pellegrini della camerata di Jaca, circa una quindicina, hanno cominciato, uno alla volta, a rassettare i loro zaini, riponendo le loro cose in sacchetti di plastica, come se ogni sacchetto di ognuno di loro avesse bisogno di farsi un giro, alla faccia di chi ancora volesse riposare un pochino di piu’.
Dunque alle sette e mezza, nonostante la calma posta nella preparazione, eravamo in strada, colazione in un bar sulla strada e una mattinata lungo la valle del fiume Aragon, campi di grano appena tagliato e di segala ancora biondeggiante ai lati delle lunghe strade dritte che percorriamo mentre la calura si fa sempre piu’ intensa.
[...]
Svolazzano sopra di noi, lugubri, gli spaccaossa, uccelli cosi’ chiamati perche’ il loro cibo e’ il midollo contenuto nelle ossa delle vittime e il loro curioso modo di spaccare queste ossa consiste nel farle precipitare dall’alto sulle rocce.
Quanto il sistema sia efficace lo dimostra il fatto che l’uccello e’ in via di estinzione.
Il pranzo, la siesta sul prato dell’albergue-ristorante di Artieda, un paesino assolato che guarda sulla valle arroccato la’ in alto, boccali di birra scolati per lenire una sete impossibile da tacitare.
Flecha amarille (le frecce gialle che indicano il percorso) e cerveza (la birra) sono finalmente tornate a renderci immagini famigliari del Camino, i chilometri scorrono veloci come i paletti che scandiscono il conto alla rovescia: Santiago e’ a meno di ottocento chilometri.
La fatica e’ arrivata nel pomeriggio, una salitaccia di 7-8 chilometri, inaspettata, dopo una lunga immersione in una sorta di tunnel arboreo, racchiusi tra la vegetazione, mentre fuori il frinire delle cicale alterna a melodie musicali la violenza di un cantodi guerra e allora immagino orde di insetti mostruosi, armati fino ai denti, amazzoni, comparirmi all’improvviso dietro un albero.
Ma non accade nulla, ne’ gli spaccaossa ne’ le cicale ci infastidiscono e prendiamo possesso della cameretta dove siamo gli unici ospiti, facciamo il bucato e ci apprestiamo ad andare a letto quando ancora la luce del sole rischiara questo lontano angolo di Spagna e rondini vagano alla ricerca di insetti inconsapevoli del loro ruolo di vittime.
(p.s. Ovviamente il resocontoe’ in ritardo di un giorno...)
5/7 - PERSO e RITROVATO
Al secondo giorno, Sandro, il mio compagno di pellegrinaggio, ha perso il cellulare, al quarto giorno io ho perso lui!
Del celleulare, ahilui!, nessuna traccia, di Sandro, ebbene si’!
Stamane, in fuga dall’eremo di Undués de Lerda, era davanti – cosa abituale -, non ha visto – cosa altrettanto abituale - una flecha amarilla ed ha tirato dritto, salvo poi rendersi conto che il mio mancato arrivo significava strada sbagliata, cosi’ me lo sono visto tornare indietro.
Ma il bello era ancora da venire.
Sperduti in mezzo ai boschi di macchia mediterranea che ricoprono questa regione del nord della Spagna, riprendiamo a pedalare dopo una breve sosta, stavola avanti io, lui mi e’ immediatamente alle spalle, eppure quando mi volto, dopo parecchi minuti, su un sentiero stretto tra arbusti bassi e farfalle che lasciano i fiori su cui sono posate per fare ala al passaggio dei pellegrini e richiudersi alle loro spalle, Sandro non c’e’.
Aspetto, torno indietro, pensando abbia avuto problemi con la bici, nessuna traccia, lo chiamo a gran voce, sento l’eco, ma nessuna risposta.
[...]
Mentre, preoccupato, mi interrogo sul da farsi – il numero della scheda spagnola inserita nel cellulare appena comprato naturalmente non ce l’ho – sento un fischio, rispondo con un urlo, e’ lui!
In alto sopra di me, chissa’ dove, non ci vediamo ma ci sentiamo, concordiamo la meta dove ci dovremo incontrare, si chiama Monreal.
Ci arrivo, birra, spesa, pranzo, Sandro non arriva.
Finalmente appare, una visione, allertato e informato della mia esatta posizione dalla famiglia, a Poirino, unico mezzo di contatto tra di noi.
(Federica, non e’ una comica, e’ un supplizio…)
La tappa si e’ dipanata fra i soliti campi di grano e segala, il giallo a dominare l’orizzonte collinare, noi spesso su un sentiero a mezza costa, tortuoso, a saliscendi, impegnativo e per questo lento, prima di tornare ad essere piu’ pedalabile, sotto forma di strade polverose e ventose.
Ora siamo a Puente la Reina, dove si incontrano il camino Aragones e il camino Frances, il numero di pellegrini e’ in aumento, ci concediamo una camera solo per noi – l’ultima rimasta qui dove alloggiamo – una lauta cena a undici euri, gozzovigliamo con ogni sorta di bendidio.
Ora, a mezzanotte passata, il silenzio e’ totale, tra poche ore l’esodo ricomincia, i viandanti riposano le stanche membra e sperano che domani piedi e gambe consentano di raggiungere una meta distante ore di cammino e migliaia di passi.
Buonanotte da Puente la Reina.
5/7 - GRANO, GRANO E ANCORA GRANO
Navarrete, albergue Casa del Peregrino.
Oggi sono stati ottantacinque chilometri, su e giù per la Navarra e la Rioja, saro’ ripetitivo ma i campi di grano, loro mi inducono ad esserlo, costante di questi giorni, dovunque guardi ci sono campi di grano (e segala) e paesini abbarbicati su un cocuzzolo, e il camino ti ci fa passare senza alcuna pieta’ arrivi in cima, non ti fermi e scendi subito da un’altra parte, ma nel frattempo ti sei sorbito l’ennesima salitaccia spaccagambe.
Oggi pareva che il cielo ci stesse apparecchiando una bella giornata di pioggia, fino all’ora di pranzo le nuvole scure lasciavano presagire l’acqua, invece il sole e’ tornato padrone del cielo sopra di noi.
Mi sto abituando all’idea di pedalare da solo: Sandro anche stamane se ne e’ andato per conto suo, ad un bivio, con due possibilita’ di camino, e’ andato da una parte senza manco accorgersi dell’esistenza di un bivio, dopo un po’ (credo un bel po’) e’ tornato sui suoi passi e all’ora di pranzo me lo sono rivisto davanti a Los Arcos, dove in un negozio stavo facendo spesa per il mio – che poi e’ diventato nostro – pranzo al sacco.
Pero’ stavolta c’era un alibi, la fuente del vino di Irache e una sorsata abbondante trangugiata dalla borraccia davanti alla webcam che ci riprendeva crudele.
[...]
Stasera siamo ospiti in un albergue nuovo di zecca, gestito da una gentile famiglia, Angel e’ il figlio che mi sta prestando il suo portatile, ci siamo fatti una pasta – ne avevamo bisogno e nostalgia – il vino locale che lo accompagna e’ di buona qualita’ la bottiglia se ne va senza sforzi, dopo la cerveza e quella squallida acqua calda che ci dobbiamo sbobbare per tutta la giornata.
Sono gentili qui, ora sono arrivati il secondo figlio e la moglie, da Madrid, in vacanza per la fiesta di San Firmin, a Pamplona, iniziano i festeggiamenti che culminano con l’encierro, la folle corsa dei tori che inseguono dei disgraziati per le strade della citta’.
Ma questa e’ un’altra storia, anche questa volta noi saremo gia’ lontani, verso Santiago.
6/7 - I pellegrini si riposano
Sul cammino siamo come avvolti in una bolla che ci impedisce i contatti con il mondo esterno alla bolla.
Qui ci sono solo le persone che vanno verso Santiago e quelle che abitano o si trovano a passare per le strade che portano a Santiago;
i rumori sono ovattati, la natura ci riempie gli occhi di se stessa da mattina a sera e ci sommerge dei suoi colori; cosa accade al di fuori di questa bolla non esiste, la bolla ci protegge dal mondo esterno e dalle sue brutture.
Qui sembriamo – sembriamo – tutti amici, il saluto, un sorriso, uno scambio di nomi e di storie sono cio’ che ci accomuna, gente che viene da tutte le parti del mondo – e non e’ un modo di dire – , i registri sono una varieta’ di stati stupefacente e stupenda.
[...]
Ieri sera Delphine, una ragazza belga, ci ha raccontato delle sue origini materne calabresi, oggi un hospitalero prete, con una grossa croce al collo, svizzero di Friburgo, ha salutato il nostro congedo con un incredibile “Avanti popolo!”, il biondo dei campi di grano ben si abbina al colore dei capelli di tantissime pellegrine, che arrancano sulle salitacce di questi giorni di Camino.
Quanta sofferenza in marcia verso Santiago!
Noi non possiamo vedere quella interiore – se c’e’ – ma quella fisica si palesa nell’andatura di quei pellegrini che ti chiedi come faranno ad arrivare alla meta.
Zoppicanti, pesanti e appesantiti da zaini enormi, lenti, a malapena alcuni voltano lo sguardo verso chi li saluta andando veloce in bici e vorresti chiedergli se hanno bisogno di qualcosa, ma lasci perdere che’ sembra di invadere il loro spazio privato.
Oggi ci siamo fermati a Villanvista – sapete tutti dove si trova, vero? – dopo qualche incertezza sulla opportunita’ di sostare in un albergue dotato di piscina qualche chilometro prima, ci siamo rifugiati qui, siamo soli, temevano di avere difficolta’ nel trovare alloggio, visto l’elevato numero di pellegrini incontrati, pero’ evidentemente anche l’offerta e’ cresciuta assieme alla domanda e da dormire ce n’e’ per tutti.
Possiamo riposarci un poco piu’ del solito, mentre dalla cucina esce un profumino allettante.
7/7 - IL CAMINO SUL PASSEGGINO
Caterina, la Grande – quattro anni – , Silvia, la piccola - due anni – hanno scelto – o forse sarebbe meglio dire i loro genitori hanno scelto per loro – questo mezzo originale per fare il cammino da S.Jean Pied-de-Port a Santiago.
Li abbiamo incontrati stamattina, tutta la famiglia, davanti ad un bar, in una pausa della tappa che li avrebbe portati da San Juan de Ortega a Burgos.
Agata e Sergio stanno faticando ogni giorno con quel peso da spingere – un passeggino piu’ i bagagli ciascuno – , su per le salite, dure per noi, tremende per loro, hanno ancora quasi un mese per arrivare laggiu’: ce la faranno.
[...]
Noi intanto andiamo avanti, la regione della Castilla y Leon che stiamo attraversando presenta la solita conformazione collinare che ci fa salire e scendere continuamente, le strade sono facili per pedalare, larghe e con un fondo duro che lascia intendere lunghi periodi senza pioggia, le spighe ondeggiano al vento, oggi decisamente fastidioso perche’ contrario e forte, a sinistra come a destra pare di avere un soffice tappeto, le nuvole bianche non incutono timore di acqua ma portano con se’ piacere di rinfresco dai raggi caldi del sole.
Abbiamo superato la meta’ del percorso, accompagnati da un tempo che si mantiene ideale per i ciclisti.
Di mattina il chiarore dell’alba ci risveglia, non mettiamo sveglia, ma prima delle sette siamo ben svegli e pronti, il sole ci spinge – andiamo da est a ovest - poi si mette al nostro fianco, come se volesse osservarci perplesso, di fronte al nostro strano andare, infine nel pomeriggio ci si para davanti – ormai e’ a occidente – lui va a dormire e suggerisce a noi di fermarci.
Lo ascoltiamo e verso le cinque anche oggi siamo a destinazione (Castrojeriz), in un albergue-campeggio, dove, come pellegrini, alloggiamo in una camerata da ventiquattro posti letto e siamo in tre, circa trenta-trentacinque metri di lunghezza e una decina di larghezza, non ci manca di certo lo spazio vitale anche oggi, cos¡ come ieri sera.
8/7 - CENTOVENTI CHILOMETRI AL GIORNO
Ieri sera, a tavola, tra un arroz (riso, non arrosto) alla cubana e un filete de ternera (filetto di bue), abbiamo fatto il punto della situazione.
Ne e’ venuto fuori che, tenuto conto che il 18 il volo Ryanair ci dovra´ riportare a casa, per arrivare ad affrontare le montagne nel migliore dei modi, avremmo avuro da percorrere duecentocinque chilometri nei prossimi tre giorni, cioe’ circa settanta al giorno.
Bene. Oggi abbiamo pedalato per soli centoventidue chilometri!
[...]
L’aria frizzante della mattina ci ha aiutati, la famigerata Cuesta de Mostelares – Matamulas – che incuteva terrore la prima volta, non ci ha smossi piu’ di tanto, poi a San Nicholas gli hospitaleros italiani della confraternita di Perugiaci ci hanno accolto con pane e marmellata e the con biscotti; il registro dei pellegrini, anno 2004, ancora riporta i nomi di tre pellegrini che qui dormirono il 24 giugno.
Carrion de los Condes, il tratto rettilineo di nulla, un tempo pietroso, soleggiato, senza vegetazione, e’ diventato una autostrada, dove di tanto in tanto spunta un autogrill a dare sollievo ai viandanti a piedi.
Sahagún era la meta finale della tappa, e’ diventato un punto di ristoro, una bottiglia di vino rosso fresco ci ha lasciati un poco storditi ma non al punto da non consentirci altri trentacinque chilometri nel pomeriggio, fino a Mansilla de las Mulas, dove stanotte dormiremo.
Ledigos, Moratinos, Bercianos del Real Camino, null’altro che cartelli stradali di inizio e fine di paesi che scorrono rapidi come rapide scorrono le chiese che dominano comunità che la domenica si risvegliano tardi, al richiamo di campane che a mattina avanzata rintronano fedeli ed infedeli piu’ delle nostre di Poirino.
Finalmente stasera un punto a favore del mio compagno di viaggio: la scelta del locale dove abbiamo cenato, la Taberna del Gelo, e’ stata azzeccata, buon menu, bella sistemazione, buon vino rosato, buon pacharam – il liquore con ghiaccio dolciastro che chiude una cena.
P.s. Questo l’ho dovuto scrivere a comando. “Scrivi qualcosa di positivo su di me!” mi ha intimato Sandro. Obbedisco.
p.s.1 Tre forature fino ad ora: ma non sarebbero dovuti essere copertoni a prova di foratura, Bruno?
9/7 - AI PIEDI DELLE MONTAGNE
Siamo arrivati a Rabanal del Camino, gia’ a 1.150 metri di altitudine, da dove domattina inizieremo l’ascesa verso la Cruz de Ferro, il punto piu’ alto del Camino Frances con i suoi 1.506 metri.
Qui stiamo al fresco, stasera avremo bisogno di coperte per dormire in questo albergue dove sono tornato a otto anni di distanza dalla prima volta, quando capitammo qui con Armando e Matteo a prendere la benedizione personale che i monaci benettidini impertiscono ai pellegrini.
Ho ritrovato la chiesa, l’ambiente e’ piu’ convenzionale, i lavori di restauro sono terminati e il fascino non e’ piu’ lo stesso: manca l’anziano chierichetto barbuto, secco secco, che conferiva alla cerimonia un qualcosa di ascetico.
[...]
I vespri delle sette di sera sono una lagna che a malapena siamo riusciti a restare svegli: tre monaci molto compresi nella parte, canti gregoriani, alcuni pellegrini coinvolti a recitare intenzioni in varie lingue, che’ qui c’e’ veramente gente di ogni parte del mondo.
Una ragazza estone ci ha offerto il vino Bierzo che era loro rimasto nella bottiglia – e’ la prima di quella nazione sul cammino, a detta degli hospitaleros, un fiorentino giramondo con quattro nazionalita’ ha scelto di palesarci con noi a fine cena e di raccontarci delle sue origini pinerolesi, di una ragazza rumena ho numero di telefono ed indirizzo per andarla a trovare quando tra venti giorni prenderemo la strada dell’est con le due ruote motorizzate.
Ci si capisce in un idioma che non e’ una lingua, personalmente faccio un’oscena mescolanza di francese, inglese, italiano, spagnolo, uso le mani, alla fine ci si intende ma il dialogo e’ altra cosa.
Non manca piu’ molto a Santiago, meno di trecento chilometri, ma sembra ancora distantissima, per fortuna, il “lavoro” sta procedendo a buon ritmo, quindi pensiamo che venerdi’ saremo a destinazione, dopo che abbiamo proceduto a tappe forzate in questi ultimi giorni, confortati dal clima favorevole, dall’altimetria che non presentava difficolta’ particolari e dal desiderio di lasciarci alle spalle strade di scarso interesse paesaggistico.
Le straordinarie cattedrali di León e di Astorga, imponenti, hanno rotto la monotonia di rettilinei sempre uguali, spesso a correre affiancati a statali trafficatissime.
Gaudi’ e’ dovunque, anche nelle sculture in strada e non perdiamo occasione per immortalarlo nelle immagini un po’ irriverenti.
Lui non si rifiuta mai…
Buonanotte da Rabanal del Camino.
10/7 - LE VACANZE DI UBALDO
Al quarto passaggio in questi posti, alcuni luoghi mi sono diventati familiarmente mitici: la “Meson de Ubaldo”, a Cacabelos, e’ uno di questi.
Ci abbiamo mangiato pesciolini e bevuto vino bianco, per cui oggi, reduci dalla salita alla Cruz de Ferro, ci siamo diretti proprio li’, dove sapevamo aspettarci Ubaldo.
“Cerrado para vacaciones” – chiuso per ferie – il cartello vergato a mano dietro la serranda chiusa, ci ha lasciato sbigottiti. Tradimento!
Cosi’ ci siamo accontentati di un panino di sardine (!) consumato sulla panchina nella piazza del paese, con cerveza e caffe’ ristretto a chiudere, al bar gia’ frequentato anch’esso in altre occasioni e la promessa reciproca coll’anziano gestore di rivederci l’anno prossimo.
E’ stata una tappa breve, iniziata nel freddo delle otto del mattino di una giornata di una estate che anche i locali giudicano anomala: temperatura rigida, mani intirizzite, nebbia ai 1.506 metri della Cruz de Ferro, dove si e’ consumato il rito della deposizione della pietra portata con se’ dall’inizio del camino (per me da Puente la Reina), Sandro ha inchiodato al palo la tessera del Pedale poirinese, li’ e’ rimasta anche la collanina vagamente rasta che Giusi mi aveva affidata (mi e’ spiaciuto lasciarla, mi ci ero affezionato...).
Sosta a Manjarin, il rifugio dei Templari, discesa lunghissima, circa mille metri di dislivello, in mezzo alle pietre, pochissimi altri ciclisti su questo percorso, e’ piu’ facile la carretera, asfaltata.
[...]
Ce ne sono parecchi, di biker, gruppi numerosi e solitari avventurieri, coi quali spesso ci si incrocia, superandoci a vicenda, quando qualcuno si ferma per strada.
L’albergue Eva Fenix a Villafranca del Bierzo e’ carino, vivace, un po’ trasgressivo, musica reggae, e’ molto affollato, un letto a castello su tre livelli e in camera saremo in nove.
La vicinanza di Santiago – abbiamo superato il cartello dei meno duecento – comincia a farsi sentire quanto a numero di pellegrini sul cammino, difficilmente nei prossimi giorni avremo camerate solitarie.
Ci aspettano giorni di “buen camino” urlato spesso per farci dare strada dai pellegrini che gli autobus sbarcheranno a frotte, per gli ultimi chilometri che danno diritto alla Compostela.
11/7 - COMPAGNI DI AVVENTURA
Non ha sete, non ha fame, non ha freddo, non ha caldo, non e’ stanco, si stupisce che io abbia sete, abbia fame, abbia freddo, abbia caldo, sia stanco.
Questo e’ Sandro, il mio compagno di avventura.
Io lo vedo sempre di spalle, un punto che diventa sempre piu’ piccolo davanti a me, poi il puntino torna ad assumere fattezze umane, una persona che, ferma sul ciglio della strada, aspetta che il compagno di strada, afflitto da vizi, tra cui quello di andare piano in bici, si affacci dietro una curva per ripartire e tornre ad essere il puntino lontano.
Ah, non aspetta per solidarieta’ o umanita’, aspetta perche’ vuole evitare di perdersi: in questi ultimi giorni non ci e’ piu’ riuscito, benche’ abbia fatto piu’ di un tentativo, inducendo addirittura all’errore un povero ciclista spagnolo, che si era accodato fiducioso e si e’ ritrovato smarrito in mezzo ai vigneti del Bierzo.
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Ieri abbiamo viaggiato tra le colline e i vigneti, a sera la solita bottiglia di vino rosso, ottimo, non poteva mancare, oggi siamo entrati in Galizia, la regione piu’ ad occidente della Spagna e il paesaggio e’ cambiato ancora, dopo la ascesa a O Cebreiro che segna il confine con la Castiglia y Leon.
Nuvole basse anche stamattina, freddo pungente su una carretera differente sia dal Camino – impossibile in bici – sia da quella fatta nelle precedenti occasioni, piu’ facile ma malinconica e triste perche’ senza il calore dei pellegrini e perche’ si percorre una strada in disuso dopo la costruzione di una superstrada i cui viadotti sovrastano impietosamente paesini e vallate.
All’Alto do Cebreiro, all’Alto de San Roque e all’Alto do Poyo, picchi cui seguono discese, e’ impossibile sostare, la temperatura e’ rigida e il vento acuisce la sensazione di freddo, per cui ci abbandoniamo alla discesa verso Triacastela, al fondo della valle, attraversando villaggi immersi nella quiete, tra l’odore di stalle aperte, attenti a schivare quel che vacche fortunate depongono graziosamente sul nostro cammino.
Finalmente, quando riprendiamo la via dopo la sosta per lo spuntino che sostituisce il pranzo, il cielo si apre e il sole ritorna a scaldarci, la bellezza del panorama che si ammira da quassu’, dall’alto di colline quasi montagne, alleggerisce la fatica di pedalate che si protraggono senza sosta da girni e giorni – questo e’ l’undicesimo giorno.
L’albergue dove dormiremo e dove passiamo buona parte del pomeriggio e’ una bella struttura, camere da quattro letti, a dieci euri a persona – il doppio di quanto pagato ieri, ma ne vale davvero la pena, la localita’ si chiama San Mamede do Camiño, l’influenza del vicino Portogallo si fa gia’ sentire anche nei nomi dei paesi.
Per noi pellegrini pero’ quel che conta e’ che manca poco a Santiago de Compostela.
12/7 - EZECHIEL...
A Melide tutti i pellegrini devono mangiare il pulpo – octopus, come lo chiama Ezechiel.
Dopo anni da Alongos II, scoperto casualmente nella prima sosta qui, complice il giorno di chiusura del mio tradizionale punto di riferimento gastronomico (che sfiga, dopo Ubaldo e le sue ferie, il giorno di chiusura settimanale di Alongos II), il tradimento da Ezechiel.
Al diavolo Ezechiel! Un buon polipo, abbastanza tenero, non tanto da sciogliersi in bocca, ma piccante oltre ogni limite – a mio parere, ovviamente – senza che fosse stato preventivamente richiesto il livello di piccante desiderato.
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E’ certo che non ritornero’ piu’ in questo posto, bagno da terzo mondo – con il massimo rispetto per il terzo mondo – vino Ribeiro che pare acqua... vabbe’ una delusione, ci dovremo rifare a Santiago.
Ci dovremo arrivare domani, a Santiago, oggi ci siamo avvicinati di una settantina di chilometri, la solita mattinata gelida – nebbia, temperatura bassa, non pare che li’ al nord stiate soffriate il caldo, ne vorremmo un poco noi, qui in España.
Poi, fortunatamente, verso mezzogiorno, esce il sole, possiamo fare pranzo – menu’ del pellegrino a 4,35€ in due, consumato sullo spiazzo davanti la chiesa di Palas de Rei, il coltello per tagliare il pane preso a prestito da un operaio in pausa pranzo.
Le comunita’ rurali in cui passiamo velocemente ci trasmettono un senso di serenita’, con le buse (sterco, per gli ..extracomunitari!) di vacche sulle strade principali, l’odore di letame appena sparso nei campi da concimare, i colori dei fiori disordinatamente sparsi davanti a modeste case di campagna, i trattori di modelli vecchissimi a lavorare campi immersi nella nebbia mattutina o nel sole pomeridiano.
Tappa dura anche oggi, su e giu’, entra ed esci dai boschi galiziani, meravigliosi, salite spaccagambe e discese su pietre ora ruvide e appuntite ora levigate e scivolose, da farci molta attenzione -uno spagnolo ci ha lasciato lembi di pelle di gluteo.
A Melide un albergo appena ristrutturato, pero’ poco ospitale, alle dieci c’e’ il coprifuoco, poco male, fa freddo anche stasera ed Ezechiel mi ha lasciato con l’amaro in bocca.
E intanto qui in España, campioni d’Europa di football, il governo del signor Raioy – amico del professor Monti – ha soppresso la tredicesima per i dipendenti statali: in Italia arriva ancora la nostra pensione?
13/7 - SOTTO LA PIOGGIA A SANTIAGO
Era iniziata all’aeroporto di Lourdes, quattordici giorni fa, con le folate di vento freddo ad ostacolare il trasferimento sulla bici appena rimontata all’hotel, in compagnia di Marco, il biker abruzzese pronto a farsi il Camino Frances.
L’avventura e’ finita (quasi) sulla plaza de Obradoiro di Santiago de Compostela, sotto la pioggia, stamane quando era da poco passato mezzogiorno, a farci compagnia, oltre al freddo, ancora Marco, reincontrato per caso ieri a Melide, dopo che per circa novecento chilometri abbiamo percorso le stesse strade senza che mai ci incrociassimo.
La pioggia ha cominciato a cadere dopo che ce ne eravamo andati da Melide da circa due ore, la minaccia delle nuvole gonfie d’acqua sempre incombente fin dalla partenza; dapprima pioggerellina neppure fastidiosa, poi sempre piu’ battente, Monte do Gozo, ultimo baluardo prima di entrare in citta’ immersa nella nebbia, nella quale vagano ombre tutte uguali di pellegrini a piedi, coperti mantelle e cappellacci a ripararli dall’inclemenza del tempo.
[...]
Non ce l’ha fatta stavolta il mio amico san Giacu a resistere alla tentazione di scaraventarci addosso qualche secchiata d’acqua, meno male che questo e’ capitato l’ultimo giorno di Camino...
Le pozzanghere e i rivoli d’acqua sull’asfalto, gli schizzi sollevati dalle ruote delle bici, gocce d’acqua sulle lenti degli occhiali, Santiago ci si presenta come non l’avevo mai vista e l’approdo finale sulla piazza dove domina la cattedrale avviene mentre la pioggia aumenta di intensita’, privandoci della tranquillita’ necessaria per apprezzare il fascino che emana dalla facciata imponente.
La foto ricordo, di corsa, poi subito la ricerca di una camera che si e’ resa necessaria per la scomparsa del tradizionale Hospedaje S.Jaime, rifugio fisso a Santiago fin dalla prima venuta quaggiu’.
Non troviamo difficolta’ nel trovare casa, ragazze solerti e gentili approcciano quanti entrano nella piazza, proponendo pensioni e camere a prezzi contenuti.
S.Jaime e’ davvero chiuso, lavori di ristrutturazione sono in corso, chissa’ che ne e’ della vecchia signora uscita da un film di Almodovar che faceva capolino di tanto in tanto nei corridoi sbilenchi della vecchia casa in Rua do Villar?
14/7 - OLTRE SANTIAGO, NEGREIRA
L’acqua di Santiago de Compostela ci ha vessati fino alle due del pomeriggio, quando, dopo un lungo tiramolla col cielo che non ne voleva sapere di aprirsi all’agognato sole, ce ne siamo andati verso l’Oceano.
Ieri sera il Gato Negro ci ha rimpinzati di pulpo e camarones e vino bianco, poi pacharan in un bar della movida santiaguiña a far quattro chiacchiere con due ragazzi italiani che hanno fatto un pezzo di Camino – da Samos, poco piu’ di centoventi chilometri, ma non e’ che l’inizio.. – , uno sguardo intenso alla stupenda cattedrale illuminata a farne risaltare i secoli di vita e a letto ad orario deciso da noi nella nostra nuova dimora, residenza universitaria d’inverno, d’estate rifugio di pellegrini.
Ancora una Compostela, l’attestato che certifica il compimento del Camino, da infilare in un tubo per archiviarla non si sa bene dove – c’e’ chi la inquadra ed appende come si fa con una laurea, a me a malapena la rilasciano, considerando che provo ogni volta a sostenere che le motivazioni che mi spingono non sono di ordine religioso.
Ancora una messa del pellegrino, in cattedrale, in mezzo ad una folla che attende invano il botafumeiro, l’incensiere gigante che viene utilizzato soltanto nelle grandi occasioni – oggi evidentemente non lo era – e che sfolla delusa alla fine della celebrazione.
Ma il camino va avanti, a Negreira la prima tappa verso Muxia, qui dicono che il vero cammino finiva sulle rive dell’Oceano, la’ dove esploratori di ogni dove venivano a vedere dove finiva la terra ben prima che il pellegrinaggio sulla tomba di San Giacomo ne facesse la meta di migliaia di viandanti, da ogni parte d’Europa ad espiare peccati proprii ed altrui.
Siamo lontani da Santiago, qui l’emigrazione ha portato e riportato uomini e donne ad andarsene lontano e a ritornare, in un ambiente che sembra davvero immerso in quella bolla che ci mantiene fuori da tutto da due settimane.
15/7 - MUXIA, OCEANO
I gabbiani vocianti sono gli assoluti padroni del cielo azzurro che ci accoglie a Muxia, bel paese affacciato sull’Oceano Atlantico, quasi alla fine del nostro viaggio.
E’ Fisterre qui, la fine del mondo conosciuto dagli antichi, un tratto di costa che si estendeva per centinaia di chilometri fino a raggiungere Lisbona, il vero punto piu’ occidentale dell’Europa; in questo tratto di costa c’e' Muxia, cosi’ come c’e’ Fisterra e il Capo di Finisterra che, secondo il nostro hospitalero, gode di un’esclusiva fama, dovuta al fatto che fosse stato opportuno nei secoli passati collocare la fine del mondo in un punto specifico che venne individuato nell’attuale Capo di Finisterra.
Una bella giornata ci ha portati fin qui, nebbia la mattina sulle dolci colline che saliamo e scendiamo lasciando Negreira, immersa nel sonno della giornata domenicale, le pale eoliche spuntano dalla nebbia, gigantesche, il vento le muove leggere, sembrano parte integrante di un paesaggio agreste che non disturbano affatto con la loro presenza.
Non si incontrano molte persone sul Camino da Santiago verso la costa, le zone che attraversiamo sembrano popolate di vacche piu’ che di esseri umani, cani sonnacchiosi, abituati al passaggio dei pellegrini, non ci degnano manco di uno sguardo e noi ci lasciamo alle spalle gente, paesi, pale eoliche, cani.
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Fa impressione voltarsi di tanto in tanto e vedere quanto si lascia alle proprie spalle, stamane abbiamo superato i mille chilometri di bici, e’ il quindicesimo giorno che la nostra giornata vive sull’esigenza di andare, andare, andare.
Nel primo pomeriggio, al bivio Fisterra-Muxia, ci siamo congedati da Marco, con cui abbiamo condiviso gli ultimi giorni di pedalate e non solo: in questi giorni i puntinio davanti a me erano diventati due, spesso affiancati, nessuno dei due ci stava a star dietro, uno cinghiale sulle strade asfaltate, l’altro un camoscio sugli sterrati in salita, io a guardare a debita distanza, dimenticato.
Lui chiude oggi la sua avventura a Fisterra e al Capo Finisterra, noi ci arriveremo domani, costeggiando l’Oceano, pensando di soffermarci su qualche spiaggia lungo la strada: in fin dei conti e’ estate, anche se fatichiamo ad accorgercene.
A volte ci sorprendiamo a rimpiangere il caldo: a Poirino cosa ci aspetta?
16/7 - FINISTERRE, FINE DEL CAMMINO
Ultima giornata passata a pedalare e infine l’arrivo al faro di Fisterre.
Stavolta una giornata di sole pieno, nemmeno una nuvola all'orizzonte, il sole ad illuminare valli e monti (meglio, colline che a noi sembrano monti) nel verde smeraldo che caratterizza la splendida Galizia, paesi incastonati sul pendio, tra boschi di eucalipti e campi dove ancora si rivolta il fieno a mano.
A meta’ della tappa, la spiaggia di Lires (con dedica virtuale a Gianantonio...) una sosta leggera, il “cinghiale” felice prova ad immergersi nelle acque dell’oceano, come ha fatto ieri appena vista l’acqua a Muxia, ma le onde lo respingono, l’oceano porta a riva le sue acque con violenza e nell’arco di poche ore la spiaggiona e’ quasi interamente sommersa.
[...]
Ancora strade che vanno all’insu’, fino alla fine, senza pieta’, fino a Fisterra che questa volta vediamo da un’altra prospettiva, ci si arriva da nord, le case coi tetti che sembrano nuovi, rossicci, a dare una ulteriore macchia di colore.
All’albergue di Fisterra l’attestato di compimento del Camino da Morte, da Santiago a Muxia a Fisterra lungo la costa martoriata dieci anni orsono dal naufragio della superpetroliera Prestige, che riverso’ in mare fiumi di petrolio che soffocarono ogni forma di vita per miglia e miglia.
Le immagini di uccelli ricoperti di petrolio, lavati da mani di volontari nel disperato tentativo di salvarli da morte certa, andarono allora sulle televisioni di tutto il mondo, gli abitanti della costa ne subirono un impatto devastante dal quale paiono finalmente essersi ripresi.
La visita al faro alla fine del mondo e’ compiuta, la bici saliva leggera senza il peso delle borse, ora non ci resta che chiudere colla cena a base di pesce e frutti di mare, come da tradizione, da Don Percebe o all’Ancora o da chissa’ chi altri.
Possiamo anche esagerare, stasera, domani non e’ piu’ giorno di pedalate.
Dalla Fine della Terra, buenas tardes!
17/7 - EPILOGO
Non e’ piu’ tempo di ruote che vanno in direzione Santiago e poi Oceano Atlantico.
Non e’ piu’ tempo di viandanti affaticati e di camminatori veloci da superare con un Buen Camino al volo.
Non e’ piu’ tempo di albergue del pellegrino affollati che trasudano umanita’ e sudore.
Non e’ piu’ tempo di bocadillos per strada e cerveza e neppure di the’ caldo a confortare nei giorni di freddo.
Non e’ piu’ tempo di chiese e cattedrali, di campi e boschi, di mucche e farfalle.
Non e’ piu’ tempo di sentieri pietrosi e di rettilinei infiniti.
Un altro Camino e’ andato, con le Compostele potrei quasi riempire una parete, i timbri sulle credenziali formano una mappa delle regioni settentrionali della Spagna e i nomi dei tanti paesi incontrati mi suonano famigliari e poeticamente evocativi di una sosta, un pranzo su una panchina, una notte in un albergue, un altro pellegrino in marcia.
[...]
Come tradizione vuole, la sera in cui si abbandona la bici e la si ringrazia dell’aiuto fornito (un ottimo mezzo, Bruno...) ci si sazia in un ristorante di Fisterra, senza troppa attenzione al portafoglio.
Una marisqueria – ristorante specializzato in frutti di mare – in un vicolo del centro, tra case col bucato steso e bambini che giocano a pallone – un oste panciuto; una spesa di cinquanta euri e’ quanto concordiamo per frutti di mare e pesce a discrezione dell’oste, con una bottiglia di vino bianco.
Ne usciamo malconci, malfermi sulle gambe – la bottiglia di Ribeiro si e’ dimostrata insufficiente ad innaffiare adeguatamente granchi e granseole, merluzzo e bacalao, cannolicchi e gamberoni, scampi e i mitici percebes.
La spesa e’ lievitata, dentro ci sono stati anche due chupitos di liquore di erbe a testa, l’oste ci ha sollecitati a fargli buona pubblicita’ e mandargli amici: se qualcuno passa da quelle parti, vada ai Tres Golpes e dica che lo mando io!
Ancora un tuffo nelle acque gelide dell’Oceano Atlantico davanti Fisterra – giusto per rimpiangere il caldo mare delle Antille, qualche conchiglia scelta tra i milioni che le acque dell’oceano depositano sulla lunga spiaggia quasi deserta, un saluto dai gabbiani di Fisterra e siamo pronti ad iniziare il viaggio di ritorno.
Ora siamo a Santiago, il clima e’ cambiato, il caldo e’ arrivato anche qui, domani l’aereo per Bergamo e infine Poirino.
Anche questa volta e’ stato bello, semplicemente bello!
Hasta l’huego, amigos!
Intervista di Carlo
a L'Uomo con la Valigia
del 26/7/2012.
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Vai a vedere anche gli altri viaggi documentati da Carlo: Cuneo-Samarcanda e Tanzania.
Nájera [Photo: Wikipedia]
Villanvista [Photo: Google Street View]
Sahagún [Photo: Wikipedia]
Rabanal del Camino [Photo: Wikipedia]
Manjarin [Photo: Google Street View]
Negreira: Pazo do Cotón [Photo: Google Street View]